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Solo il 6% dei migranti in permesso di lavoro: protezione speciale flop

Il governo si sta muovendo su più livelli per risolvere il problema dei migranti irregolari, mettendo a punto misure per il controllo dei flussi e dei rimpatri

Solo il 6% dei migranti in permesso di lavoro: protezione speciale flop

Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza davanti all'incremento esponenziale del numero di migranti nei primi tre mesi dell'anno e si prepara ad attuare una stretta sugli arrivi di migranti nel nostro Paese. Tra le misure previste dal governo ci sono i nuovi emendamenti presentati questa mattina in Senato, che prevedono anche il depotenziamento della cosiddetta "protezione speciale". Contro l'iniziativa dell'esecutivo si sono scatenate le toghe rosse che, col solito populismo, hanno accusato il centrodestra di governo di voler prendere di mira "persone che in Italia lavorano regolarmente e hanno famiglia".

Ma la realtà dei numeri, da prendere realmente in considerazione quando si vogliono fare analisi di questo tipo, dice tutt'altra cosa. Prima di tutto, è importante spiegare che la "protezione speciale" si configura in un permesso di soggiorno di durata biennale che permette di svolgere attività lavorativa e che in ragione di questo può essere convertito in un permesso di lavoro. Durante il governo Conte bis, a ottobre 2020, Luciana Lamorgese ne aveva ampliato i presupposti di ammissione ma, come rileva il quotidiano Libero in edicola oggi, a fronte di oltre 45mila richieste, solo poco più di 2.5mila sono stati convertiti in permessi di lavoro, ossia il 6% scarso del totale in meno di tre anni: 257 nel 2020, 578 nel 2021, 1.184 nel 2022 e 662 fino al 31 marzo 2023.

Davanti a questi numeri, il fallimento della misura è pressoché evidente e non deve stupire che il governo stia lavorando a una stretta con gli emendamenti al "decreto Cutro". L'obiettivo, più volte dichiarato, è semplice: solo due canali devono essere aperti e utilizzati per la gestione dell'immigrazione. Questi sono il "decreto flussi" e l'ammissione alla protezione internazionale con l'ottenimento dello status di rifugiato. Così si rende anche più semplice la gestione e il controllo, senza strumenti inutili che si sovrappongono e non risolvono il problema. Per questo nodo, il governo sta lavorando anche su un altro aspetto, quello dei rimpatri: l'obiettivo è di rafforzare l'iter per velocizzare i tempi di espulsione per chi non ha alcun diritto alla protezione.

In questo scenario si inserisce anche il progetto "Identity" che prenderà il via il prossimo luglio in collaborazione con l'Interpol. Ad annunciarlo è stato il Viminale, che in una nota l'ha descritto come "uno strumento che consentirà di identificare i migranti giunti irregolarmente in Italia e che servirà a fronteggiare il potenziale rischio di infiltrazione di soggetti pericolosi per la sicurezza".

A questo si aggiunge il rafforzamento su territorio dei Cpr per i rimpatri, che dovrebbero essere realizzati con una incidenza di uno in ogni regione.

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