Giancarlo Giorgetti ha rivendicato il risultato mettendo il timbro politico sulla manovra 2026. Dopo notti di tensioni, riscritture e dietrofront, il ministro dell'Economia è stato il perno di un'operazione complessa ma necessaria, arrivata in porto nonostante un percorso a ostacoli. «Tutto è bene quel che finisce bene. Siamo intervenuti su questioni che sembravano quasi impossibili», ha detto a caldo dopo il via libera del Senato, sottolineando il carattere pragmatico di una legge di Bilancio che vale 22 miliardi e che, nelle intenzioni del governo, tiene insieme crescita e conti pubblici.
È Giorgetti a raccontare la manovra come esercizio di equilibrio: da un lato il sostegno ai redditi e ai servizi essenziali, dall'altro la necessità di reperire risorse senza mettere a rischio la solidità dei conti. Il messaggio è chiaro: la finanza pubblica resta sotto controllo, il deficit è destinato a tornare «intorno alla soglia del 3% del Pil già quest'anno» e l'Italia si presenta come un Paese affidabile. Una linea che Fratelli d'Italia fa propria parlando di una manovra «seria, responsabile e coerente» con l'impostazione dell'esecutivo.
Il cuore politico dell'intervento è il lavoro. Il taglio dell'Irpef per il ceto medio, con la riduzione della seconda aliquota dal 35 al 33% fino a 50mila euro di reddito, viene indicato come uno dei segnali più tangibili. A questo si affiancano la tassazione agevolata al 5% sugli incrementi contrattuali e il taglio all'1% dell'imposta sui premi di risultato, misure che il Mef presenta come un sostegno diretto ai salari senza scardinare l'impianto fiscale. Accanto al lavoro c'è la sanità, con oltre 7 miliardi in tre anni per il Servizio sanitario nazionale, più risorse per indennità e assunzioni e un rafforzamento strutturale che il ministro considera indispensabile per tenere insieme qualità dei servizi e sostenibilità.
Sul fronte delle pensioni, Giorgetti ha difeso una linea di gradualità, con l'aumento dell'età pensionabile spalmato nel tempo e l'incremento delle minime di 20 euro al mese. Scelte che hanno alimentato tensioni politiche, in particolare con la Lega, ma che il titolare del Tesoro ha sempre ricondotto alla necessità di evitare strappi. Alla fine, anche Matteo Salvini ha ridimensionato le frizioni, mentre Giorgetti ha scherzato dicendo che al suo segretario potrebbe portare «un po' di carbone sotto l'albero», salvo aggiungere che «siamo nella transizione green e quindi non si usa più».
La manovra però non è solo spesa. Per finanziare gli interventi arrivano nuove entrate, a partire dall'aumento di due punti dell'Irap per banche e assicurazioni e dall'inasprimento della Tobin tax. Si aggiungono la tassa sui piccoli pacchi extra Ue, l'aumento delle accise su sigarette e gasolio e l'innalzamento dell'aliquota su alcune polizze assicurative, mentre vengono rinviate sugar e plastic tax.
Ampio il capitolo casa, con la conferma del bonus ristrutturazioni al 50% per la prima abitazione, la proroga di Sismabonus e bonus mobili e un intervento sugli affitti brevi che irrigidisce la tassazione dal secondo immobile in poi. Non mancano misure per famiglie e scuola, dal bonus libri alle superiori al sostegno per chi sceglie le paritarie, fino ai fondi per le attività socio-educative. Martedì prossimo il via libera definitivo alla Camera.