Salvini rilancia sulla flat tax. E si smarca dal rischio centro

Lega in pressing per estendere la misura anche ai lavoratori dipendenti. Obiettivo il ceto medio

Salvini rilancia sulla flat tax. E si smarca dal rischio centro
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nostro inviato a Cernobbio (Como)

A Cernobbio i leader vanno sempre di fretta. Non bisogna mai guardare in faccia chi ti si para davanti. La voce però non la puoi nascondere.
«Cri però se passiamo in mezzo siamo fottuti». Matteo Salvini la frase la dice così senza pausa, con la speranza che l’uomo che guida il suo gruppetto di funzionari e portavoce lo ascolti. Solo che questo mezzo rimprovero sulla gestione pratica della calca assomiglia tanto a una metafora politica. Il «centro» per il segretario della Lega è un non luogo da cui stare lontani. È il posto dove appunto ti fottono. Ti rubano spazio, voti, consensi. Ti stringono il campo.

Ti tolgono l’aria. Ora Matteo non ha alcuna intenzione di lasciarsi asfissiare da un «centrismo» non voluto e non desiderato. È questa storia a cui la ragione dice di non dare troppo peso anche se nella sua Lega finisce per agitare gli animi perfino di chi solitamente non ama chiacchiere e distintivi. Si, proprio come il governatore lombardo che si è lasciato scappare l’altro giorno un ingentilito col piffero che «vannaccizzano la Lega».

Salvini a questo gioco non ci sta e non lo enfatizza. Non si lascia spostare un po’ più in là, non cade nella trappola canora delle Sorelle bandiera, non paga il pegno di chi sta al governo. E soprattutto non parla del generale Vannacci.

Qui a Cernobbio si ragiona sul futuro politico e economico dell’Occidente, quello lontano e quello vicino, quello di chi vive a un passo da te. Salvini a Cernobbio torna sul tema delle tasse, quelle che mangiano il salario come una maledizione biblica. Che fare? La pace fiscale è una speranza, ma nella prossima manovra bisogna fare di più. La bandiera è ancora la «flat tax». Allargata. Non solo per i lavoratori autonomi, per chi vive di commercio e di artigianato, ma l’idea è di andare un passo più in là. Ecco allora la «flat tax» per i dipendenti, per i salariati. È l’altra faccia del «ceto medio», quello che magari ha meno spirito d’impresa, ma che lavora e che negli ultimi venticinque anni ha visto il suo tenore di vita ridursi mese dopo mese, con lo stipendio che si faceva piccolo come per una sorta di sortilegio arrivato con la buona novella dell’Euro. La santa moneta che forse ha reso più stabile la macroeconomia, perlomeno così si dice, ma che ha scavato profonde cicatrici sulla pelle delle famiglie.

Si può fare? Le scelte da tempo non sono soltanto politiche. C’è da fare i conti con il debito pubblico e con le tante eredità di un passato più o meno felice da cicala.

Salvini resta però convinto che un partito non si può rassegnare al possibile e che deve svolgere un ruolo di tafano, anche a costo di prendersi i rimbrotti dall’amico ministro dell’Economia. Salvini resta alla destra del centrodestra. Le elezioni, in fondo, si avvicinano.

La prossima prova è quella delle regionali di fine stagione, che valgono quello che devono valere. Il rebus per le candidature dei potenziali governatori è ancora da decifrare. C’è da definire il destino di Luca Zaia, che non può diventare una mina vagante. Quello che ormai sembra probabile è che la Lega scelga il campione per il Veneto, Fratelli d’Italia per la Campania e Forza Italia per la Puglia.

È lo schema di una regione a testa, che dovrebbe reggere e superare l’incognita dei nomi, quando in genere le cose si fanno più difficili. Tutto questo dopo aver superato lo scoglio delle Marche. La cosa certa è che ci si avvia al termine della legislatura e la politica fa ancora più i conti con la «dittatura tattica» del consenso.

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