Mai visto. Noi brianzoli che abbiamo paura di Roma. Ma per favore. Se fanno il Gran Premio di Formula Uno nell'Urbe risalterà nel paragone ancora di più quello di Monza. Vuoi mettere l'organizzazione dei centurioni con la spada di latta che si fan fare la foto dai giapponesi, rispetto a quella degli ingegneri lombardi? Da quando in qua abbiamo paura della concorrenza in fatto di qualità? Come se dicessero che sull'Aventino o in Ciociaria intendono investire sull'artigianato del mobile. Diremmo: benvenuti, vedere per credere. È il mercato. Purché non ci siano trucchi, ovvio. Basta far sì che non ce ne siano. E la Formula Uno a Roma non sia l'anticamera della cacciata di Monza dal gran tour. In Spagna un circuito cittadino (Valencia) convive con quello su autodromo (Barcellona), non si nocciono a vicenda, e così potrebbe andare da noi, e neanche le sponsorizzazioni si eliderebbero essendo stabilite per l'insieme dei circuiti mondiali. Per questo non capisco il panico in Brianza. Oppure è una finta?
I quotidiani della provincia di Monza e Brianza danno fiato alla paura e chiamano a raccolta i difensori del circuito più famoso del mondo. Ma possibile che crediamo davvero che possa saltare il Gran Premio di Monza? Io sono certo sia impossibile. Regolamento alla mano, ma anche buon senso. Lasciamoglielo pure costruire il giocattolino. Sono i romani invidiosi, non noi. Rosicare è un verbo che nuota nel Tevere non nel Lambro o nell'Adda.
Non credo peraltro che ai romani convenga. Ci hanno già portato via la nebbia, che ormai è di stanza a Fiumicino, ma non profuma di niente. Allo stesso modo non riesco a capire perché dovremmo invidiare il progetto di una specie di corsa delle bighe a motore.
Per i romani sarebbe un revival piuttosto minore, una corsa tra le tante, e se volessero l'esclusiva sarebbe un furto con scarsa destrezza. Perché più forte del marketing è la storia. E il Gp d'Italia è monzese, perché lì c'è dentro la vita, amore versato, persino la giovinezza di tanti noi brianzoli, che non avevamo le meraviglie del Caput mundi, ma al massimo il Duomo con la Corona Ferrea, la regina Teodolinda, il liceo Zucchi, e poi l'autodromo nel parco di Monza, il rombo dei motori nella quiete, l'acqua guizzante del Lambro (per fortuna tornata pura) e il lampo di acciaio delle Ferrari.
Noi ragazzi, nei giorni di settembre in attesa della corsa (si sente lontano chilometri il ruggito dei bolidi), cercavamo di intuire i punti della rete dove penetrare senza pagare il salato biglietto. Ricordo con infinito dolore la mattina in cui morì Jochen Rindt (il 5 settembre 1970), e il mio compagno di classe era lì e sedicenne fotografò l'evento e ci portò al bar le foto di quella tragedia, sviluppate al volo, e piangeva ed era contento. Monza e la corsa è una faccenda di identità. Non provate amici di Roma a scassinarci l'anima. Prendetevi il vostro Gp da Alberto Sordi, e amen. Noi qui resisteremo ottimamente.
A toglierci l'autodromo e le corse automobilistiche ci provarono gli ecologisti negli anni '70, con la scusa che soffrivano le piante del parco intorno alla Villa Reale. Ma l'autodromo è l'essenza di questa Brianza e di Monza, se si perdesse il circuito e il suo rango internazionale passerebbe la secessione, diventeremmo come San Marino.
E allora? C'è di mezzo un incredibile complesso di inferiorità che noi lombardi non abbiamo mai avuto nella paura che Monza e i monzesi, guidati dall'eccellente sindaco Marco Mariani (leghista), hanno della competizione romana per auto di Formula 1. Ma credo ci sia mescolata un po' di politica leghista, che gode se mette in lite il Pdl nordista con quello dell'Oltrepò. Conosco Paolo Grimoldi, deputato monzese del Carroccio, che ha per primo lanciato l'allarme a tutela dell'unicità dell'autodromo, diffondendo il timore che Roma Ladrona rubi pure la Ferrari e la McLaren. Grimoldi è serio e convinto. Non lo fa solo per la sua parte politica. Tant'è che propose a suo tempo anche a me, che sto nel Popolo della libertà, di unirmi alla sua protesta. In un primo momento aderii, agitandomi perché la Capitale non minacciasse la nostra meravigliosa kermesse di motori tra i boschi, con la mescolanza magica dell'odore della benzina e di quello dei muschi. Non rinnego niente. Ma sostenere come fanno alcuni che se si facesse il gran premio dell'Urbe una tantum poi diventerebbe una semper, è spandere panico irrazionale. Peggio: è una ammissione di debolezza.
Invece da brianzolo e monzese ultra-doc (sono di pura razza Lambro da generazioni e generazioni, lo dichiaro anche se temo così di danneggiare la reputazione dei celtici prealpini) nego l'utilità di guerreggiare con Roma per ragioni di gelosia. È così bella la nostra corsa che non teme l'oscuramento a causa di un revival della corsa delle bighe, sia pure con il motore a scoppio. Che la faccia Roma, la sua corsa. E si trasformi pure in appuntamento fisso, accettando di chiamarsi gran premio Vaticano o anche gran premio Campidoglio o meglio ancora Colosseo. E potrebbero dare il via con le daghe di plastica invece che con le bandiere a scacchi.
Va bene, la mia ironia è piuttosto prevedibile, alla fine non dimentico che il nostro brianzolo Re Brenno dopo aver sconfitto i romani, ci attirò parecchi guai. Dico allora che potremmo stringere un bel patto. Roma abbia il suo giro di giostra. Poi se funziona continui. E comunque sia chiaro se ci toglie il Gran Premio d'Italia, noi passiamo alla Svizzera.
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