Grace Jones, sessant’anni di provocazioni

Regina della dance, musa di Warhol, ora prepara un cd con Brian Eno

In 007 Bersaglio mobile interpreta la cattivissima May Day, feroce esperta di arti marziali. Un ruolo perfetto per Grace Jones, la «schiava del ritmo» che domani compie sessant’anni scanditi da trasgressioni e bizze, dopo aver influenzato stili e mode più con il look che con le canzoni. Ex modella, androgina, bella e inquietante con la pelle d’ebano in contrasto con le labbra purpuree, l’artista jamaicana (trapiantata a New York) ha segnato la strada della moderna disco music giocando tutto sull’immagine tra seni al vento, guêpière, abiti bionici e chi più ne ha più ne metta. Tra i suoi hit la versione dance di La vien en rose; non un capolavoro ma un modo provocatorio di interpretare un’epoca, quella dello Studio 54, dove la portano in palmo di mano Andy Warhol e il teorico del kitsch Jean-Paul Goude. Grace diventa così l’eroina dei radical chic da discoteca con i suoi atteggiamenti e con album pop dance come Portfolio, Fame, Muse.
Con la sua voce da contralto elegante nei toni medi e bizzosa in quelli acuti, spesso giocata su toni intimisti e sussurrati, ha rivestito con classe canzoncine all’acqua e sapone, finché grandi produttori come Chris Blackwell le hanno cucito un nuovo vestito musicale in album come Warm Leatherette (con cover di Brian Ferry, Crissie Hynde ecc) o Nightclubbing (più che un disco quasi una sfilata di moda), che culmina con la raggelante Demolition Man e con la rilettura di Libertango di Piazzolla. È il personaggio che trascina le canzoni e non viceversa, così a metà anni Ottanta sfrutta la scia del successo con la virata reggae dub di Living My Life, con il patinato Slave to the Rhythm che è ancora il suo cavallo di battaglia, con le incursioni elettroniche di Inside Story. Non avrà fatto la storia della musica, ma perlomeno ha piazzato una quarantina di brani nelle hit parade, da Election Day a I’m Not Perfect (But I’m Perfect For You). In passato ha attirato gli artisti (lavorò con Kit Hearing che la ritrasse legandone il corpo col filo di ferro) e i registi (ad esempio fu l’amazzone Zula in Conan il distruttore con Schwarzenegger). Il suo fascino provocatorio a suo tempo ha sedotto perfino Pavarotti, e fotografi come Helmut Newton che l’hanno ritratta nuda su Playboy. Ma Grace, oggi, non abbandona le velleità artistiche e con l’aiuto di Brian Eno (ex Roxy Music), dovrebbe pubblicare il suo nuovo album, Corporate Cannibal, prima dell’autunno.


Certo è un personaggio da prendere con le pinze; ne sa qualcosa chi la ascoltava ai tempi d’oro al mitico Covo di Santa Margherita Ligure, o chi, più di recente, l’ha vista a Firenze, capricciosa (voleva solo champagne Crystal e cibo giapponese) spocchiosa nel far aspettare il pubblico per due ore, altera nel chiedere un abnorme aumento del cachet per salire sul palco.

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