Araldo del lato più forbito e pompieristico del british pop, Richard Ashcroft sopravvive ai suoi Verve perpetuandone tuttavia i vezzi «colti» e la fluente cantabilità, il senso architettonico - basta ascoltare i sapienti intrecci vocali delliniziale Why not nothing? - e la piacevolezza non necessariamente coniugata allo spessore. È insomma un disco gradevole, sapientemente allestito e tuttavia non indispensabile, il nuovo album del cantante inglese che ancora una volta si esercita in complesse leccornie strumentali: esemplari le staffilanti chiose degli archi sul teso scalpitare di Music is power, i cori epici di Break the night with colour, il sornione insinuarsi del corno nel sinfonismo fastoso di Word just get in the way.
Ricorrono qua e là - Keys to the world, con la controvoce smagliante di Yvonne John Lewis - asprezze che tuttavia la cifra stilistica dellalbum non giustifica, e finisce che le soverchianti ambizioni mortificano la coerenza stilistica del disco, e la sua immediatezza. Va meglio quando Ashcroft presceglie una maggior sobrietà, o quanto meno una magniloquenza più sorvegliata, o meno fine a se stessa: Simple song, Why do lovers?Richard Ashcroft Keys to the world (Parlophone)
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