Grand Tour tra gli scempi d’Italia

Speculazioni edilizie, devastazioni del paesaggio, distruzione dei beni ambientali: viaggio nelle località dove il nostro patrimonio è più minacciato

Da dove incominciamo? Dal Nord, dal Sud, dal Centro? A piacer vostro, scegliere fra gli scempi è la cosa più facile, in Italia. Un paese sfigurato, così Vittorio Sgarbi titolò nel 2003 un suo libro-denuncia (Rizzoli): in questi successivi tre anni gli scempi denunciati allora non si sono fermati, anzi forse l’assalto al paesaggio italiano si è fatto ancora più spavaldo. E non consoliamoci con alcune, pur clamorose, vittorie: se la demolizione della «griglia» di Punta Perotti a Bari, del mega albergo abusivo Fuenti a Vietri sul Mare e di parte del Villaggio Coppola a Castel Volturno (un milione e mezzo di metri cubi su spiaggia e pineta demaniali) hanno fatto sperare in un nuovo corso, le tre Erinni odierne - speculazione, edilizia di rapina, industrialismo male inteso - continuano la loro azione nefasta. Dei 30 milioni di ettari di territorio italiano ancora intatto, censiti cinquant’anni fa, ne sono stati distrutti 11 milioni. Quanto ci vorrà, se continua l’attuale follia cementizia, a distruggere i restanti 19?
La malefica decisione di delegare i poteri dello Stato in materia di ambiente e paesaggio alle Regioni e dalle Regioni ai Comuni ha prodotto guasti superiori alle peggiori ipotesi. Un giorno ci guarderemo intorno e dell’antico, meraviglioso paesaggio italiano, frutto di un secolare, civile, armonioso connubio fra l’uomo e la natura, non ci sarà più nulla. Già oggi, se vogliamo avere un’idea di che cos’era il paesaggio veneto, per esempio, dobbiamo guardare i dipinti del Bellini o le rare incisioni del Canaletto. Delle colline, dei canali, delle pianure dove le grandi ville classicheggianti si sposavano alle semplici case rurali dai grandi camini, è rimasta una cavalcata di capannoni industriali alternati a colate di villette di indefinibile stile.
Alcuni casi approdano sulle pagine dei grandi quotidiani nazionali. E allora si levano alti lai. Ma le lamentazioni e le denunce non hanno ancora fermato per adesso i 320mila metri cubi dell’insediamento edile di Mantova sulla riva del Lago Inferiore contro il quale si batte con grande coraggio e pochi efficaci strumenti il sindaco Ds di Mantova Fiorenza Brioni. L’appello di Alberto Asor Rosa ha prodotto decine di ottimi articoli giornalistici e un convegno, ma il ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli ha ammesso sconsolato che le novanta villette a schiera di Monticchiello - nel cuore della bellissima Val d’Orcia - «difficilmente potranno essere abbattute». E l’insistente denuncia di Vittorio Sgarbi non ha salvato la settecentesca Villa Serena di Piacenza, sfregiata dal passaggio di una bretella di tangenziale, caparbiamente voluta da un sindaco che non passerà alla storia per sensibilità artistica.
Altri casi non escono dall’ambito locale. A Maniago, piccolo centro in provincia di Pordenone, un comitato di cittadini presieduto da un docente universitario, Francesco Venier, si batte da tempo contro la minacciata decapitazione del Monte San Lorenzo, un cocuzzolo verde coperto di boschi che sovrasta l’abitato. Il monte calcareo è da anni nel mirino dell’industria Cementizillo Spa di Este che, dopo il blocco imposto alla distruzione dei Colli Euganei, ha cercato sfogo altrove e ha cominciato a mangiarsi il monte al ritmo di 4-500 mila metri cubi l’anno. Recentemente l’impresa ha ottenuto di ampliare la cava, con l’entusiastico appoggio del sindaco Ds Emilio Di Bernardo.
Rimaniamo al Nord. Trentino: uno sconsiderato progetto di collegamento sciistico Pinzolo-Madonna di Campiglio prevede la costruzione di un gigantesco complesso di seggiovie, funivie e piste per un costo di oltre 50 milioni di euro, minacciando lo sfregio di ambienti di alto valore naturalistico come la Valgola e la Val Brenta. Spostiamoci sul bellissimo altopiano boscoso di Folgaria e Lavarone. Qui la società impiantistica Carosello Ski prevede di espandere l’area sciistica costruendo 7 nuove seggiovie e 15 piste in un’area forestale ancora integra. Anche questo progetto - strenuamente contrastato dalle associazioni ambientaliste trentine - è fortemente voluto dal sindaco di Folgaria Alessandro Olivi. Nello «sviluppo turistico» è previsto anche un insediamento di 40 mila metri cubi all’Alpe dei Fiorentini, in un paesaggio montano di grande suggestione.
Arquà Petrarca, «perla dei Colli Euganei» secondo i dépliant turistici. L’anno scorso gli immobiliaristi hanno festeggiato il settimo centenario di Francesco, il cantore di Laura, dando il via allo sbancamento di una verde collina proprio dove si affacciano le finestre della camera del poeta. Scopo: la costruzione di villette per dodicimila metri cubi. Nemo profeta e neppure poeta in patria. Sotto la casa di Giovanni Pascoli a Castelvecchio di Barga, un tempo affacciata su uno splendido e intatto paesaggio appenninico, sorge il più squallido, confuso e deprimente insediamento edilizio che si possa immaginare. Chi ha dato le autorizzazioni? Fuori i nomi, viene da dire. A futura memoria, per far sapere ai nostri figli chi è stato a rubar loro l’Italia.
Andiamo al Centro. Castelleone di Suasa (Ancona) è un piccolo borgo affacciato sulla vasta e ricchissima area archeologica della valle del Cesano, dove sorgeva la città romana di Suasa. Dell’antico insediamento - ancora in gran parte da esplorare - sono emersi resti importanti: l’anfiteatro, una domus patrizia dai bellissimi pavimenti a decorazione musiva, statue, resti di abitazioni e del foro. Ma proprio lì, nell’area di Pianvolpello, dove la sovrintendenza ha confermato la presenza di importanti testimonianze archeologiche ancora da scavare, sorgerà una nuova area di capannoni industriali.
E qui, bisogna fare una sosta di riflessione. Figli della legge 383 del 2001, che concede sgravi fino al 50 per cento alle aziende che investono in edilizia, i capannoni stanno dando l’assalto a quanto resta del nostro paesaggio agricolo, e sono frutto il più delle volte non di necessità artigianali o di piccola industria ma di mera speculazione. Tanto è vero che gran parte di questi enormi cubi restano sfitti, diventando rugginosi e perciò ancor più osceni.
Ma non vorremo dimenticare il Sud. Crotone: sei chilometri di costa jonica alla foce del fiume Neto, 1200 metri di macchia mediterranea dove nidificano uccelli rari, «zona a protezione speciale» come recita il vincolo posto dall’Unione Europea. Bene: proprio lì dovrebbe sorgere «Europaradiso» un milione e 397 mila metri quadri di un’enorme città dei divertimenti con tanto di stadio da trentamila posti, alberghi, ristoranti, parcheggi. L’investimento - 10 miliardi di euro - proviene da un gruppo di investitori israeliani, capeggiati da un certo David Appel, che dopo essere stati sloggiati con il loro progetto dall’isola greca di Patroklos, sono sbarcati in Calabria, facendo luccicare gli occhi, con i loro bigliettoni, a tutti, Verdi compresi. «Ci daranno diecimila posti di lavoro» esulta il sindaco (Margherita) di Crotone, Peppino Vallone.
Terminiamo qui questo amaro Viaggio in Italia 2006. Sappiamo che il male arriva da lontano. Nel 1967 la commissione parlamentare presieduta dal deputato Francesco Franceschini pubblicò una relazione in tre volumi Per la salvezza dei beni culturali in Italia. Ecco uno stralcio della relazione iniziale in cui si rileva, tra l’altro «...

il disfacimento purtroppo rapidissimo dei paesaggi storici e delle bellezze naturali, con particolare riguardo alle coste insidiate dalla più rozza e prepotente speculazione edilizia; il vandalico annientamento del verde arboreo anche per iniziative di enti statali; l’esposizione indifesa di ogni caratteristico angolo del paesaggio tradizionale e di ogni particolarità naturalistica (acque, rocce, flora) a manomissioni incoscienti e speculative; tutto ciò per la mancanza o il tardivo intervento di piani organici di rispetto e di sviluppo...». Così scrivevano quarant’anni fa. Quali parole trovare per la situazione di oggi?

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