«La grande Brera? Senza soldi non si farà mai»

«Bambole non c’è una lira». La fatidica frase appare stampata sul volto di Mario Resca, supermanager del Mibac incaricato un anno e mezzo fa di portare a casa il progetto denominato «Grande Brera». Quella di ieri, la celebrazione del Premio Nazionale delle Arti organizzato per la prima volta dall’Accademia, poteva essere l’occasione per dare buone notizie. Al tavolo c’erano di nuovo tutti: oltre a Resca, il presidente dell’Accademia Salvatore Carrubba, il direttore Gastone Mariani, la soprintendente Sandrina Bandera, e pure il neoassessore alla Cultura-Expo Stefano Boeri. Invece, a dodici mesi dal sospirato accordo tra i ministeri di Cultura, Istruzione e Difesa per il trasloco degli studenti e la trasformazione della Pinacoteca, tutto è tragicamente fermo. Dei famigerati 150 milioni di euro nemmeno l’ombra. «Ho fatto ciò che ho potuto - ha detto Resca - ma se a Roma qualcuno non compie il suo dovere il progetto non partirà mai». Un’ipotesi che pare più di un rischio «se entro luglio non salteranno fuori 30 milioni di euro che servono per far partire le gare d’appalto e dare il via ai cantieri, diciamo tra sei-sette mesi». L’altolà al ministro Tremonti è fin troppo chiaro, ma non serve a mitigare il clima di disillusione che serpeggia tra le fatiscenti mura di un’Accademia le cui sorti sono legate a doppio filo con quelle del museo e che ieri ha messo in mostra - come ha potuto visti gli spazi - le opere dei giovani talenti dell’arte italiana. «Bisogna aspettare, aspettare» ha detto sommessammente la soprintendente Bandera rifugiandosi nella Milano risorgimentale di Hayez, quando le esposizioni d’arte a Brera erano il simbolo della rinascita di un popolo contro l’oppressore. «Già, Milano eternamente destinata ad aspettare mentre Roma festeggia un anno di Maxxi; per quello i 150 milioni di euro si sono trovati» si sfoga un veterano del consiglio accademico. Un legame a doppio filo, quello tra Accademia e Pinacoteca, che poggia le radici in epoca napoleonica ma che oggi, dopo quasi tre secoli, rischia di strangolare entrambe: l’accademia da una parte, che lo scorso anno ha visto aumentare a 3.500 gli studenti provenienti da tutto il mondo e che non ha aule degne di questo nome e neppure servizi igienici. La Pinacoteca dall’altra, contenitore vetusto e insufficiente rispetto alla collezione (in gran parte decentrata o nei depositi) e che continua a perdere visitatori: nel 2010 è scesa al 25mo posto tra i musei più visitati in Italia con 286.832 visitatori, perdendone oltre 50mila rispetto all’anno precedente, sorpassata persino dal Museo di Santa Giulia di Brescia (304mila) e dal Museo del Cinema di Torino (525mila).
Che fare? Il direttore dell’accademia Gastone Mariani non si fa illusioni: «Altro che Expo, il progetto non vedrà la luce neppure tra cinque anni». L’accademia più famosa d’Italia lamenta mancanza di fondi per la ricerca e l’ordinamento di studi, per non parlare dei problemi derivanti dalla parziale applicazione della legge di riforma che avrebbe dovuto equiparare le accademie alle Università. «Brera sarà al centro della nostra attenzione» ha ripetuto Boeri, anche se non si capisce quale ruolo potrà avere il Comune in questa vicenda che di fatto oggi priva Milano di un museo internazionale e di un’accademia in grado di soddisfare i moderni piani di studi. «Per fortuna gli studenti vanno anche avanti da soli e l’esposizione degli artisti premiati lo dimostra» si è consolata una docente.

Già, questa doveva essere una festa e festa è stata lo stesso soprattutto per loro, i premiati: Anna Pipino per la decorazione, Valentina Formisano per la grafica, Elvis Spadoni per la pittura, Ammar Al-Hameedi per la scultura, Matteo Inchingolo per il video, Daniela Guccini per la fotografia, Montserrat Ventura per le arti scenografiche; ai cinesi Mian Wang, Yanru Guan, Yinfei Xu, Ding Li, Cheng Hu, la menzione speciale.

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