«Il Grande Fratello è sempre fra noi» Daolmi scopre l’apatia di un popolo

La forza visionaria del «1984» di Orwell reinterpretata in chiave moderna

Matteo Failla

Pronunciare «Grande Fratello», al giorno d’oggi, vuol dire irrimediabilmente spostare l’attenzione sugli inquilini della casa più spiata d’Italia. Eppure il Grande Fratello è in realtà tutt’altro, è un «nobile concetto» contenuto nel 1984 di George Orwell; è in questo testo che si discute del tema del potere, che si immagina concentrato in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia.
Al vertice del potere politico in Oceania c’è il Grande Fratello, onnisciente e infallibile, e ovunque in città sono visibili manifesti con slogan quali «La pace è guerra», «La libertà è schiavitù» o «L’ignoranza è forza». Partendo da questo spunto Davide Daolmi ha tradotto la forza visionaria di Orwell in uno spettacolo come ’84, con la regia di Andrea Lisco, in scena al Teatro Libero.
La messinscena tralascia le atmosfere cupe di 1984 per dare con ritmo cinematografico una visione allucinata ma tristemente concreta dell’apatia di un popolo che sceglie la comodità dell’abitudine al faticoso esercizio del pensiero.
In una stanza come molte, in una casa come altre, vive Sergio, impiegato apparentemente mediocre con una vita normale: un uomo debole in procinto di sbriciolarsi. Intorno a lui un tempo in cui la verità non può esistere, davanti il tubo catodico, unico ventre di realtà. Comprare libri è reato, Sergio lo sa, ma ama troppo leggere: non sopporta la corruzione del linguaggio, la perdita della memoria storica e crede nell’identità individuale. Ma questi sono pensieri sbagliati e devono essere cancellati.
Il surrealismo della scena, caratterizzato da rimandi alle opere di Magritte, è a sua volta cornice del vortice di tragicomica atmosfera nella quale si svolgono le vite di personaggi, schizofrenici e morbosi. «Lo spettacolo – spiega Andrea Lisco – conclude un percorso, una trilogia, ispirata dalla forte esigenza di esaminare e passare in rassegna le grandi tematiche della violenza umana e del libero arbitrio. Un percorso partito dall’esame della singola persona con Latte + (ispirato ad Arancia Meccanica), passato dal gruppo con Sick Boys (da Trainspotting) e che ora si conclude con l’analisi della società votata all’uniformità, all’ignoranza e alla solitudine».
Ed è dopo questo lungo percorso che Lisco esamina quei temi di stretta attualità che sempre più spesso disegnano una collettività in evidente decadenza. «’84 è la parabola apocalittica di grandi temi ancora attuali – continua il regista - come il totalitarismo, la falsificazione della realtà indotta dai media, la corruzione del linguaggio, la perdita della memoria storica e l’annullamento dell’identità individuale. Il mondo di Orwell, al quale il testo si ispira, è dominato da un tempo in cui la verità non esiste, e ciò che è stato fatto può essere sistematicamente disfatto. È l’età dell’uniformità, della solitudine, dell’odio, dell’ignoranza».


Sono domande inquietanti, quelle poste da Lisco, come se la fantasia di Orwell non fosse altro che una profetica visione: «E se l’energia visionaria di Orwell fosse già quotidianità? Se l’ammiccante strapotere dei mezzi di comunicazione avesse come fine - forse inconsapevole - quello di cloroformizzare il giudizio e narcotizzare le menti?». Il Grande Fratello, purtroppo, potrebbe non essere un semplice reality televisivo.

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