Il grande vecchio che vuole un futuro

Non è vero che alla Juve non si parli di futuro. Non è vero perché la gente all’uscita dello stadio si interrogava su Del Piero, uno che merita di chiudere la carriera là dove l’ha iniziata. Che forza Alex, ma il tifoso ragiona col cuore, non con la testa.
«Il mio futuro è Napoli domenica sera», c’è un filo sottile che è meglio non tendere, inutile fare il capitano non giocatore e nella notte del trionfo lui aggiunge: «Quello che dovevo fare l’ho già fatto l’anno scorso firmando in bianco».
Da cinque a uno e mezzo d’ingaggio non è poco, diceva che lo stimolo più grande era fare un gol nello stadio nuovo, poi magari si poteva anche sbaraccare, invece c’ha preso gusto, ha segnato e c’è ancora, solo Totti fra quelli in attività ha segnato più di lui. «Non voglio perdermi neppure un attimo di questa avventura», ha fatto sapere domenica sera, la gente è sempre più convinta che la Juventus non possa privarsi di lui, quelli che ragionano con la testa commentano che quando la fine si avvicina, si ha solo paura di perdere tutto. Lui comunque sempre in mezzo, nella vittoria in coppa Italia sul Milan e in campionato sull’Inter: «È stato bravo Vidal», ma dai. Quello schiaffo di Cufrè all’Olimpico di Roma, ecco cosa viene in mente quando Alex subisce da gentiluomo. Ma sono lezioni che apprendono in pochi, uno schiaffo da un miracolato, gli applausi dal resto del calcio. Magari l’America, magari Londra, la Premier ha più fascino, la città intriga di più anche il resto della sua famiglia, intriga più di tutti ad Arsene Wenger, sempre che resti all’Arsenal. Il francese non lo vuole per fargli fare la fascia o per chiedergli una copertura nelle fasi di non possesso, Arsene lo vuole perché lo conosce. E l’Arsenal ha buone prospettive di entrare in Champions nella prossima stagione. Chiedere a Alex Ferguson come mai Ryan Giggs a 37 anni gli dorme ancora in casa. Eppure dopo 37 minuti come quelli di domenica sera non ci dovrebbero essere dubbi, Conte non può fare a meno di lui, la Juventus non ha mai potuto fare a meno di lui. L’altro è Buffon, uno che in un nanosecondo dopo il fischio di De Marco ha subito ricordato chi fosse quello da ringraziare: «Un professionista, un grande giocatore, mai una polemica - e fa capire che le occasioni c’erano e ci sono -. Uno che lo chiami dalla panchina e guarda come ti risponde. Sono felice per lui perché è inutile star qui a dire che se lo merita. Era una partita importantissima come sempre quando affronti l’Inter e bisognava dare un segnale per la classifica, altrimenti il Milan si sarebbe allontanato troppo».
Non sono bastati loro due per tirare giù l’Inter ma è certo che siano stati quelli che hanno messo dentro più roba per riuscirci. Forlan, Milito, Obi, Stankovic, gli avranno anche tirato addosso ma quando girava male, quei palloni gli finivano fra le gambe: «All’inizio ci hanno fatto soffrire, hanno giocato un’ora molto bene». Ci aveva pensato lui a tenere a galla il gruppo, poi è entrato il capitano. È già il tormento di fine stagione della nuova presidenza: mi si nota di più se non rimangio le mie dichiarazioni o se le rinnego?
Del Piero ha sbagliato quando ha dichiarato a tutto il mondo che lui sarebbe rimasto anche a costo zero? Come mai Andrea Agnelli che fa il possibile per avvicinarsi alla curva, su Del Piero ne è così distante? A maggio lascia dopo 19 stagioni, ma prima vuole rivincere qualcosa, adesso che ha ripreso a segnare. Giovinco può attendere, è giovane, si tratta di fare anticamera ancora per un paio di mesi, poi se sarà lui il nuovo Alex tutti contenti.

Deve solo fare i conti con una media gol inferiore a uno ogni due partite, nono cannoniere all time della A, 472 presenze e quasi solo primi posti, 5 scudetti, una Intercontinentale, una Champions, una Coppa Italia, quattro Supercoppe italiane, una Supercoppa europea, una coppa italia. Eventualmente un titolo mondiale. E un giorno prese uno schiaffo da Leandro Cufré, davanti a 73mila, senza reagire.

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