Gratosoglio, una valanga di «no» a Chinatown

Migliaia di firme anche per bloccare l’inceneritore. Pusher e degrado, gli immobili perdono il 20 per cento

Puntatina «padana» nei mercati rionali di via Neera e via dei Missaglia. «Lasciamo stare la campagna elettorale, siamo qui per un altro motivo» spiegano gli attivisti del Carroccio. Cioè «sondare l’umore dei residenti sull’ultimo “regalino” in arrivo al Gratosoglio», come annunciato dal leader milanese Matteo Salvini. Riferimento scontato al trasloco dei grossisti cinesi dalle cantine di Sarpi ai padiglioni del futuro polo industriale di via Selvanesco.
Spuntano i banchetti del Carroccio tra frutta e verdura. Pensionati e casalinghe, perfino extracomunitari, si avvicinano incuriositi. Ricevono e compilano i 10mila moduli che la Lega ha fatto stampare con una domanda semplice semplice in evidenza. «Cinquantatremila metri quadrati per realizzare un centro commerciale all’ingrosso e al dettaglio. Il Comune dovrebbe sostenere il progetto?». Opzione «sì» o «no», dentro o fuori, senza troppi giri di parole. Non serve un exit poll per conoscere il risultato. Plebiscito di contrari. Secondo quesito: «Quali sono le priorità per il quartiere?». Le crocette finiscono su «chiudere la scuola gialla», «aprire un nuovo posto di polizia locale», «sgomberare i campi nomadi» e «cancellare l’ipotesi inceneritore». Alessandro Morelli, capogruppo della Lega Nord in consiglio di zona 5, prova già a interpretare le richieste della «base». «La gente della zona chiede sicurezza e rispetto per le periferie. Non ci stanno a essere considerati l’immondezzaio della città. Vedono crescere i campi rom, ma non vedono arrivare le ruspe, il verde pubblico sparisce e quello che l’amministrazione promette è una discarica, gli edifici dismessi come la famigerata “scuola gialla” di via Saponaro (a proposito - anticipa Morelli - il 7 marzo l’assessore Moioli verrà da noi per trovare una soluzione) diventano alberghi per i clandestini. Naturale che siano esasperati. L’Asian Trading - conclude - è soltanto la classica goccia finale».
D’altronde gli sfoghi con le buste della spesa in mano si somigliano tutti: «In un anno, non ho mai visto un vigile sotto casa mia», giura Anna; «Sgomberate le baraccopoli abusive, con la massima urgenza», aggiunge Raffaele; «Non abbiamo paura dei cinesi, loro pensano soltanto a lavorare. Piuttosto, una zona industriale dall’altra parte della strada abbasserà ancor più il valore degli appartamenti» prevede Umberto, siciliano d’origine, «al Gratosoglio dal ’69. Quando non affittavano le case a noi terroni. Oggi invece...».
Paura per nulla infondata, quella del mattone che si svaluta causa (in)sicurezza e illegalità. Uno studio del network Sarpi immobiliare ne ha quantificato la perdita secca per i proprietari. A Chinatown un metro quadrato in «contesto d’epoca» vale oggi 3mila euro, anche il 30 per cento in meno rispetto a 6 anni fa. Spiega il presidente Emanuele Barbera: «Colpa dell’espansione incontrollata dei grossisti e, di conseguenza, di traffico e smog». Succederà anche al Gratosoglio, se il trasferimento riuscirà? «Non credo, il nuovo polo non inciderà sul piano abitativo.

Ma i residenti hanno ragione di preoccuparsi. Spaccio, baby gang e favelas hanno già abbassato i prezzi almeno del 20 per cento. Perciò il mercato chiede 2.500 euro al metro quadro. Nuova costruzione, però. Chi, così, non preferirebbe via Sarpi?».

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