Gravina, genitori divisi davanti alle bare dei figli

Folla in cattedrale, maxischermi e tv per soddisfare la curiosità di tutti. il Paese si raccoglie per un ultimo saluto. L'omelia del vescovo: "Dovremmo piangere su noi stessi"

Gravina, genitori divisi 
davanti alle bare dei figli

Gravina in Puglia - Gli sguardi non si incrociano mai. Questo è il giorno del dolore diviso. Diecimila persone vicine e loro due distanti: cinque metri di vuoto, la navata centrale della cattedrale in mezzo come se fosse un muro trasparente e insuperabile. Il matrimonio, la separazione, l’affidamento dei figli, le accuse, le denunce, i sospetti. Nell’aria c’è un odio che non finisce neanche con la morte di due figli. Eppure le bare di Ciccio e Tore sono là, al centro: il padre Filippo le guarda dal banco sulla destra. L’ex moglie, Rosa Carlucci, non c’è ancora. Arriva cinque minuti prima che cominci la messa: esce da una macchina scortata, seguita dai poliziotti, con la giacca tirata un po’ in su quasi a coprirsi il volto dallo sguardo di un paese che l’aspetta per vedere come sta, che fa, che dice. Lei che vive da un’altra parte, lei che non è andata neanche alla veglia prima del funerale. È la curiosità che morde l’anima della provincia a caccia di pettegolezzo. L’accompagnano a un ingresso secondario: Rosa entra nella Cattedrale di Gravina dalla sagrestia, aggira il banco dell’ex marito con la testa bassa, si sistema.

Neanche adesso si guardano: per loro è come se questi fossero due funerali diversi con lo stesso copione e gli stessi morti da piangere. Non si cercano e non si trovano, così vicini e incredibilmente lontani. L’ultima sberla a Ciccio e Salvatore viene seguita in diretta, dalle telecamere di Sky e da un maxischermo che trasmette le immagini della funzione sul sagrato della chiesa dove Gravina è arrivata presto per prendere i posti migliori. Il funerale pubblico, sfacciato, mediatico è il rimedio migliore e un po’ grottesco che questo paese ha trovato per chiedere scusa ai fratellini, qualcosa di simile al «perdonateci se non vi abbiamo cercato, ma adesso siamo tutti vicini a voi». Gravina s’è messa in tiro per piangere in diretta. Allora i genitori fanno ancora più impressione. Perché il dolore a due velocità va avanti per un’ora: il padre si dispera, la madre sta zitta; Filippo piange, borbotta, si dimena; Rosa guarda dritta nel vuoto, scende con l’occhio sulle due bare bianche, poi torna su a sentire il vescovo di Gravina pronunciare un’omelia che sa di attenuante posticcia: «Faremmo bene a piangere su noi stessi e sui nostri figli, perché siamo noi che vogliamo questo tipo di società». La società vale quanto il «sistema»: è la formula migliore per non trovare un colpevole, per non dire che la ricerca del mostro ha portato fino in Romania, ma non ha fatto pensare a un incidente.

Il coro in nero è un altro pezzo del reality: venti elementi intonano la voce triste guardando i compagni di classe di Ciccio e Tore, seduti in seconda fila, posizionati perfettamente perché sia chiaro a tutti che Gravina ai suoi figli ci tiene e non permetterà più che accada nulla. Stanno lì perché sentano il padre dei fratellini balbettare ossessivamente i nomi dei figli inghiottiti dalla casa delle cento stanze. È il lamento costante di chi s’è fatto il carcere con l’accusa di essere un assassino. Ad accusarlo, per prima, la donna che sta alla sua sinistra quei cinque metri più in là: l’ex moglie, la madre di Ciccio e Tore. Pappalardi si agita e singhiozza quando il nipote sale sull’altare a leggere un messaggio che Filippo ha scritto con l’aiuto di qualcuno: «Addio Ciccio, addio Salvatore. Le loro grida mi tormentano. Addio piccoli angeli che con il loro spirito hanno chiamato un altro bambino, salvando lui e me, che resto un uomo solo che può continuare a vivere libero nel ricordo di tanti giorni felici vissuti insieme. Il vostro papà». L’applauso immediato fa parte del programma, della sceneggiatura di questa giornata, della fenomenologia da diretta.

È l’ultimo messaggio, prima che il corteo si trascini verso il cimitero. Con il padre in prima fila che si regge a fatica, la madre nelle retrovie, silenziosa e quasi assente. Ancora lontani. Si possono spegnere le telecamere.

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