Caro Direttore, ho atteso con grande impazienza e, le confesso, un pizzico di emozione di acquistare, questa mattina, il nostro Giornale «nuovo». Avevo avuto modo, nei giorni precedenti, di ascoltarla in televisione mentre annunciava, con orgoglio (le si leggeva sul volto), le innovazioni principali del quotidiano e il mio desiderio era di verificare, da buon diffidente, se lotre nuova non avrebbe finito per edulcorare il vino vecchio. Deve scusarmi ma, come tanti che comprano il Giornale, io sono un lettore dal primo numero, di quelli che hanno dovuto subire discriminazioni e ingiurie per il solo fatto di acquistarlo in edicola. Ebbene, caro dottor Giordano, stamattina lei mi ha dato una delle gioie più belle della mia «carriera da lettore». Quello che lei con la sua squadra di grafici e giornalisti avete realizzato è un piccolo gioiellino di eleganza. Colori gradevoli, pagine accattivanti e di impatto, alla «europea». Mi è piaciuto molto il titolo del suo editoriale «Cambiamo per rimanere noi stessi»; i lettori, quelli veri, del Giornale le possono perdonare tutto ma non il peccato mortale di snaturare lo spirito di Montanelli. Ma lei questo, dal primo giorno di direzione, ha dimostrato in modo eccellente di averlo capito. Ho, in particolare, apprezzato il suo desiderio di ottimismo e lidea di affiancare, alle firme storiche, anche personaggi noti che «ce lhanno fatta». Però, caro Direttore, mi auguro che accanto ai vari Fiorello e Valentino Rossi, lei racconti le storie anche di chi, meno noto, ce la fa, ogni giorno, a mantenere la famiglia, magari numerosa o di chi, nonostante tutto, ha ancora il coraggio di aprire una propria attività rischiando di tasca sua. Insomma, non si dimentichi di noi normali. Quanto alla grafica, dopo i doverosi complimenti e un bentornato al Controcorrente, mi permetta una critica. La colpa sarà anche della mia età ma le confesso che oggi ho fatto un po più di fatica a leggere gli articoli. Non so se sia un problema di caratteri più piccoli o altro: se lei potesse fare qualcosa sarebbe la ciliegina sulla torta. Grazie a lei e a tutta la squadra che io considero come una famiglia allargata.
Caro Ettore, innanzitutto grazie per le belle parole. Sì, in questi giorni quando mi capita di parlare del «Giornale» mi emoziono come un bimbo. Scusatemi, ma ci stiamo mettendo tanta passione, tanta fatica, tanto entusiasmo. Ci teniamo e ci crediamo. Le reazioni che abbiamo avuto in queste ore sono di gran conforto: entusiasmo, apprezzamenti, anche suggerimenti per migliorare, ma sempre, come vedete in queste pagine, circondate da una grande positività. Non sempre succede, quando si cambia. E adesso vengo alle sue due osservazioni. La prima: le storie della gente comune. Da tempo le raccontiamo (tanto per dire: siamo lunico giornale che ha una rubrica settimanale proprio dedicata ai «tipi italiani»), ma ora ci staremo ancora più attenti. Ha visto per esempio il servizio di Paolo Bracalini a pagina 23? Il fatto che personaggi conosciuti ci aiutino a spargere parole di fiducia non toglierà spazio né alle firme del «Giornale» né alle storie di gente comune.
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