"Grazie alla musica in tv finalmente si parla di talento"

Mogol, il re dei parolieri: "Anche Battisti avrebbe accettato di andare a X Factor". E racconta: "Gaber insegnato al liceo? La cultura popolare è la madre di tutte le culture"

"Grazie alla musica in tv finalmente si parla di talento"

Milano - Ma certo, forse manca Mogol. Alla musica che sta fiorendo in tv si potrebbe aggiungere l’esperienza del padre di tutti i parolieri che con la sua scuola, il Cet, da quasi vent’anni allena i musicisti a mettersi in contatto con il pubblico. Lezioni, lezioni e lezioni. Ieri sera Mogol avrebbe dovuto partecipare alla semifinale di X Factor poi annullata a causa del terremoto in Abruzzo e a lui «sembra anche giusto, mica si può cantare quando c’è così tanto dolore in giro». Però, da grande maestro della musica leggera, è l’osservatore ideale per fotografare l’evoluzione che in pochi anni ha portato le canzoni a essere di nuovo protagoniste, in tv e non solo lì (finalmente).

Mogol, sembra che ci sia aria nuova.
«Il segreto è sempre la promozione: una canzone può essere bellissima ma, se rimane nel cassetto, nessuno l’ascolterà mai. È anche vero che la gente seleziona ciò che può ascoltare, perciò bisogna essere meritocratici nell’individuare i brani da lanciare».

Quando non è accaduto così?
«Mi dicono che all’ultimo Festival di Sanremo siano stati i cosiddetti “padrini” a scegliere le canzoni delle nuove proposte da mandare in gara. Ecco, secondo me è stato un errore. Quando si dà il potere solo all’audience, si nega la meritocrazia».

Dai giovani è uscita anche Arisa.
«E ha portato un po’ di ossigeno. Anche lei è passata dal Cet».

E Giuseppe Anastasi, l’autore del suo brano «Sincerità», è uno dei docenti.
«Giuseppe è bravissimo. Per diventare insegnante ha sudato, come si dice, le sette camicie. Perché il talento si costruisce, bisogna coltivarlo. Tutti quelli che ce la fanno, è perché hanno lavorato più degli altri».

Ma che cos’è il talento?
«Nella musica è la capacità di instaurare un dialogo con gli ascoltatori. Chi ci riesce, vuol dire che ha le doti per farlo».

Adesso a segnalare i talentuosi ci pensa la tv, più delle case discografiche.
«Capisce com’è cambiata la situazione?».

Segue «Amici» in tv?
«Talvolta. Mi dispiace che in qualche occasione i ragazzi siano stati irrispettosi nei confronti dei loro insegnanti e questo rischia di non essere un buon esempio».

E «X Factor»?
«Be’, Giusy Ferreri mi sembra abbia avuto una produzione di alto livello».

Ma Lucio Battisti avrebbe mai partecipato a «X Factor», quand’era un debuttante?
«Forse avrebbe potuto essere attirato. Se gli avessero detto “vieni in tv a cantare una canzone” avrebbe potuto accettare, perché no? Lui era una macchina per lavorare, uno che analizzava tutta la musica del mondo, aveva davvero una grande cultura musicale».

Cosa potrebbe fare Mogol per i talent show della tv?
«La tv deve avere il suo percorso. Loro seguono un criterio, noi al Cet ne seguiamo un altro».

Magari potrebbe nascere una sinergia?
«Potrebbe. Ma lo dice lei. In ogni caso, il grande merito di questi show tv è che la gente sta spostando la propria attenzione verso il talento».

Anche il ministro Gelmini ha lanciato il progetto di insegnare l’opera di Giorgio Gaber alle superiori. Un segnale preciso.
«Dopotutto le canzoni, e quelle di Gaber sono un esempio altissimo, fanno parte della cultura popolare, che è la madre di tutte le culture. Spesso si fa l’errore di pensare che la cultura popolare sia la cultura per la gente non colta. Gravissimo sbaglio. Io ho creato il Cet (che è diventato un centro di eccellenza universitaria) anche per questo: l’ho fatto perché se le nuove generazioni non avranno cultura popolare di qualità, possiamo aspettarci qualsiasi cosa».

L’anno scorso per individuare nuovi talenti ha lanciato anche il premio Mogol, che si tiene a Forte di Bard organizzato dalla regione Valle D’Aosta.
«E quest’anno andrà in scena il 15 giugno.

Mi piacerebbe diventasse un evento televisivo: vogliamo parlare di cultura in senso semplice, ci sarà anche Marcello Veneziani».

Sarebbe un’altra occasione di ascoltare musica in tv.
«E di dare più spazio e più chance a chi se lo merita».

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