Grillo assedia il Pd Ma i democratici restano a guardare

RomaAlla inaspettata batosta elettorale, il Pd ha finora reagito annaspando un po’ a casaccio, modello pugile suonato. E si è subito voluttuosamente immerso negli scannamenti interni. Intanto attorno a lui, come attorno ad un dinosauro morente, si affannano gli aspiranti vincitori della guerra evolutiva. Nel confuso calderone del centrosinistra spuntano nuove specie, tipo i «grillini», e nuovi pretendenti alla leadership, ansiosi di dividersi le spoglie del Pd: Di Pietro, appunto, e poi De Magistris e il medesimo Grillo e Vendola, per elencare solo i più noti. Tanti, tutti con percentuali sotto le due cifre e soprattutto tutti caratterialmente o politicamente incompatibili tra loro.
Di Pietro, la cui metamorfosi da re della manetta ad aspirante moderato è stata rapida quanto uno spoglio elettorale, è senza dubbio il più attivo e loquace, in questa fase. Anche se Beppe Grillo si dà da fare a restare in scena: ieri ha annunciato un ricorso contro l’elezione di Formigoni (al quarto mandato) e di Errani (al terzo mandato), in violazione delle regole che non lo prevedono, e poi ha giurato che il suo movimento non preleverà i soldi - due milioni - del rimborso elettorale che spetta alla Lista Cinque Stelle, mentre i suoi eletti si autoriducono lo stipendio. Segnali diversi per dire la stessa cosa: siamo contro la destra di Berlusconi quanto la sinistra di Bersani («portavoce di D’Alema»), e ben fuori dal «magna-magna» della partitocrazia: mica come Di Pietro.
Tonino, invece, ha mandato via blog il proprio messaggio pre-pasquale a Bersani: faccia «pulizia» nel suo partito, si liberi di «satrapi» e «correnti» e poi collabori con lui a rifondare il centrosinistra «ex novo» e a «trovare il prossimo candidato leader di un nuovo Cln», il comitato di liberazione nazionale da Berlusconi. E spiega, meditabondo: «Ritengo ci sia bisogno di una figura di pacificazione: una persona di alto profilo che possa rappresentare la parte migliore del Paese; un riformista in grado di guidare il Paese fuori dalle secche in cui è impigliato; un liberale solidale che metta fine al frazionismo e alla moltiplicazione dei micropartiti di sinistra». A chi pensi Tonino non è chiaro. «Certo non può essere autobiografico, visto che l’identikit che traccia non ha nulla a che vedere con lui», se la ride Gennaro Migliore, braccio destro di Nichi Vendola. Il quale, dopo la vittoria di Puglia, è tentato di partecipare alle primarie che sceglieranno il candidato premier per il 2013. Per vincerle? Vendola sa benissimo che è difficile, ma che comunque una buona affermazione gli consentirebbe di capitalizzare una golden share dentro il futuro Pd.
Altri, ancor più maligni, pensano che Di Pietro stia cercando di conquistarsi la benevolenza di Repubblica, la gran fucina dei leader del centrosinistra, per superarne la diffidenza e ottenerne il visto d’ingresso alla stanza dei bottoni del centrosinistra. Ezio Mauro dice che all’opposizione serve un «papa straniero» (dire «nuovo Prodi» ormai è preistorico) e tutti a sinistra si affannano a capire chi abbia in testa il direttore di Repubblica: Carlo De Benedetti, come dice Emanuele Macaluso? Roberto Saviano, come annuncia il Riformista? Vendola, come sperano i vendoliani (premettendo che «è meglio però che il sostegno di Repubblica non sia esplicito, per evitare il bacio della morte»)? Tutti tranne che qualcuno del Pd, comunque.
Altri ancora (persino un ardente adepto dell’ex pm versione Grand Guignol, come Marco Travaglio) intravedono nelle mosse dipietriste una complessa strategia degna di un Von Clausewitz: «Se lo scopo di Di Pietro è liberare l’Italia da Berlusconi, è ovvio che deve approfondire le spaccature del centrodestra». Ecco, dunque, l’improvviso idillio con la Lega («Siamo due partiti nati per inseminazione spontanea», è la scottante confidenza fatta alla Padania) e il tono da statista con cui riconosce la vittoria di Berlusconi. Di Pietro ha forse capito che finora lui, la troupe di Annozero, Grillo e compagnia sono stati i migliori alleati del Cavaliere contro la sinistra. E - dopo aver incassato i voti dell’antiberlusconismo militante - l’ex pm diventa riformista.

E brucia i sogni di gloria del povero De Magistris, che solo due giorni fa sperava di trovarsi un ruolo traghettando Grillo (che lo ha prontamente mandato a quel paese) dentro l’Idv, e mettendosi alla testa di una nuova unione delle sinistre fuori dal Pd.

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