Grillo avvisa: «Sarete fortunati se Di Pietro non imbraccerà il fucile»

C’è un equivoco di fondo, appena sfogli Ad ogni costo, il libro edito da Ponte alle grazie che raccoglie «battaglie e proposte» di Antonio Di Pietro: «Non lo hanno fermato decine di processi inventati», «i suoi tanti nemici non hanno capito che più lo attaccano, più si rafforza», «è l’uomo maggiormente impegnato a definire obiettivi precisi e pratici». Il dubbio sorge: avrò mica comprato una biografia di Berlusconi?
Già, perché il Cavaliere è ormai un’ossessione per Tonino, tanto da diventare il suo personalissimo mr Hyde. Il Darth Vader di Arcore a cui ricondurre tutti i mali. Questa antologia di interventi e articoli apparsi sul suo blog, quindi, diventa la summa dell’antiberlusconismo dipietresco. Non c’è pagina in cui non si legga di «lobby massonica», «regime», «premier corrotto», «amici di mafiosi». È la sapiente arte della «versione di parte». Citare le testimonianze di Ciancimino jr su Dell’Utri mafioso senza dire che i giudici hanno definito il teste inattendibile; strapparsi le vesti per una cena tra Berlusconi e un giudice della Consulta dimenticando però di ricordare che la maggioranza di quelle toghe è di estrazione di sinistra; quell’arte di cui Di Pietro accusa i giornali «servi» e in cui è però maestro.
Poco di nuovo, dunque. Se non la pretesa di dividere ogni capitolo in «fatti» (spiegati dai collaboratori del suo sito, capirai l’obiettività), i suoi commenti e «gli altri», ovvero le opinioni dei nemici, quelli da abbattere. Dal provvedimento sulle intercettazioni («lo scempio più efferato della storia repubblicana») ad Eluana, dalla Rai («gestita da Confalonieri ad interim per Berlusconi») agli «editoriali-vergogna» di Minzolini, il libro è una miniera di insulti, veicolati con un occhio al pietismo e l’altro alla violenza (più o meno verbale). Con una mano ci si ammanta di nobiltà, per esempio quanto fu ingiusto sottolineare i suoi insulti a Napolitano senza ricordare che solo Idv citava le vittime di mafia (sfugge il nesso), oppure proponendo di sostituire i Pokémon con i faccini di Borsellino e Falcone, nuovi eroi per i nostri figli. Dall’altra però si dà dei «compari» ai parlamentari di una «legislatura che rappresenta la follia», si scrive che «chi semina vento raccoglie Tartaglia» e ci si augura che dei proventi Mediaset il 99% vada allo Stato.

D’altronde, per cogliere la portata sinceramente democratica dell’opera letteraria bastava fermarsi all’introduzione di Beppe Grillo (che ricorre nel libro come unico raggio di luce nel buio, in un perfetto binomio di stima e pubblicità reciproca): «Quando gli elicotteri porteranno via in fuga piduisti e mafiosi che occupano le istituzioni, vedranno Di Pietro che li saluterà. Saranno fortunati se non imbraccerà il fucile». Fortuna che non l’abbia già imbracciato.

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