Gringolts e Garrett a confronto

Il diavolo e l’acqua santa. David Garrett, tedesco con mamma americana, l’estroversione fatta persona. Ilya Gringolts, russo, riservatezza quasi top secret da ragazzo cresciuto nella brumosa San Pietroburgo.
Due violinisti di lusso, coetanei, 26 anni il primo, 27 il secondo, stessa scuderia discografica, la Universal (Decca e Deutsche Grammophone), compagni di «banco» alla Juilliard School di New York nella classe di Itzhak Perlman, entrambi pupilli di Menuhin.
Garrett che inaugura il catalogo discografico nel 1995 con Concerti di Mozart diretti da Abbado e Gringolts che ha consegnato l’ultimo cd, in coda al 2006, saggiando l’Orquesta Sinfonica Simon Bolivar diretta da Abbado. E ancora, Garrett, prepotentemente bello, già adottato dalle riviste patinate e che senza problemi strizza l’occhio al crossover (vedi l’ultimo cd Libero con brani tratti da Morricone, i Metallica, Bernstein… ), e Gringolts, viso da bravo ragazzo e dai parchi sorrisi, che forse neanche in sogno penserebbe a incursioni extraclassica.
«Apprezzo gli interpreti di classica che si dedicano anche al jazz. Io non sento di farlo», ci confessò nel 2002 quando ancora Milano lo conosceva poco. Figuriamoci i Metallica.
Garrett e Gringolts, due interpreti a confronto, in questi giorni a Milano, il primo ospite dei Pomeriggi Musicali (questo pomeriggio alle 17, al Dal Verme) e il secondo delle Serate Musicali (lunedì, in Conservatorio, ore 21).
Debutto milanese per Garrett, che esegue il Concerto op. 77 di Brahms con Gabor Ötvös sul podio, gradito ritorno per Gringolts. Che propone un programma cameristico, una terna di Sonate (di Mozart, Fauré e Prokofiev) più la Fantasia di Ernst su temi dall’Otello di Rossini. Siede al pianoforte Yevgeny Sudbin, anche lui di San Pietroburgo, ma ora a Londra.
Gringolts appena può include nella fitta agenda una tappa milanese.

Cosa che accade dal 2002 quando il fanciullo venuto dall’Est di cui si parlava tanto bene venne presentato alla Società del Giardino: pioggia di foto, domande di giornalisti e lui d’una timidezza toccante che riuscì a riconciliarsi con sé solo una volta imbracciato il violino ed eseguita la Terza Partita di Bach.

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