Guai nel Pd, tangenti versate su conti esteri A Penati due milioni di euro in Lussemburgo

I pm: i soldi chiesti dal politico del Pd fuori dall’Italia con l’aiuto delle banche. E ora si indaga sui finanziamenti alla sua fondazione "FareMetropoli". Non poteva non sapere: quello slogan valido solo per i nemici della sinistra S. Zurlo

Guai nel Pd, tangenti versate su conti esteri  
A Penati due milioni di euro in Lussemburgo

Milano Cuore a sinistra, portafoglio trasversale. Non c’è schieramento che tenga, nel grande affare del «sistema Sesto». Architetti, imprenditori, coop. Così, secondo la Procura di Monza, Filippo Penati avrebbe garantito a sé e al partito le provviste necessarie a far funzionare la macchina della politica. Ma non solo. Un ruolo - e non di secondo piano - l’avrebbero avuto anche le banche. «Consapevoli e complici nell’illecito», scrivono i pm nel ricorso depositato al tribunale del Riesame.

È una storia di denaro e bonifici sospetti, di linee di credito concesse con insolita rapidità, e di 4 miliardi di lire che viaggiano dall’Italia al Lussemburgo, per finire nella disponibilità dell’ex braccio destro di Pier Luigi Bersani.
In gioco c’è la riqualificazione delle aree Falck, per cui i 4 miliardi sarebbero stati versati dal costruttore Giuseppe Pasini, parte di quei 20 miliardi richiesti dall’allora sindaco di Sesto.

Ma in ballo torna anche Serravalle. Perché il trait d’union fra le due vicende sono due funzionari di Banca Intesa: Maurizio Pagani, responsabile dei settori infrastrutture e finanza dell’Istituto - che sarebbe stato presente alle riunioni riservate per decidere del premio da destinare a Penati e Giordano Vimercati dopo l’acquisto da Marcellino Gavio delle quote della società autostradale, e sotto inchiesta con l’accusa di concorso in corruzione - e l’allora responsabile del credito, tale Baraggia, che avrebbe agevolato il passaggio di quei 4 miliardi all’estero.
Uno degli incontri chiave fra Pasini e Penati - ricostruiscono i pm - avviene alla Ca’ de Sass, storica sede della banca in via Monte di Pietà a Milano. In ballo c’è la realizzazione (poi saltata) della sede di Intesa proprio sulle aree industriali di Sesto. Eppure, secondo Procura e Gdf, è anche grazie al ruolo dell’istituto di credito che Penati potrà incassare l’assegno miliardario. «Appare significativo - scrivono Mapelli e Macchia - il ruolo di Banca Intesa nella costituzione della provvista per la “stecca” in Lussemburgo».

Tempi e modi dell’operazione insospettiscono gli investigatori. Come arrivano all’estero i soldi che secondo l’accusa saranno ritirati da Di Caterina, fiduciario di Penati? «La banca - si legge nelle carte dell’inchiesta - accredita in Italia una somma di oltre 4 miliardi di lire che vengono trasferite a Intesa Luxembourg per l’acquisto di non meglio precisate obbligazioni, le quali il 28 marzo del 2001 vengono monetizzate, e il corrispettivo, ritirato in contanti da Di Caterina, viene depositato su un proprio conto aperto presso la stessa Banca Intesa Luxembourg. L’anticipazione di credito - insistono gli inquirenti - viene poi approvata nel settembre del 2001 dai vertici della banca». Quindi, il passaggio più critico. Perché «la celerità nell’accredito della somma (non per un urgente intervento economico/finanziario ma per l’acquisto di obbligazioni) e la successiva movimentazione del denaro inducono a ritenere che la banca, nella persona di Baraggia, fosse assolutamente consapevole e complice nell’illecito».

L’inchiesta, intanto, continua. Ieri è stata nuovamente sentita Nicoletta Sostaro, ex responsabile dello sportello unico dell’edilizia del Comune di Sesto, che con l’allora assessore Pasqualino Di Leva e l’architetto Marco Magni avrebbe creato una corsia preferenziale (a pagamento) per il rilascio delle autorizzazioni a costruire. E proseguono gli accertamenti anche su Michele Molina, amministratore delegato di Api, società che si occupa della progettazione di aree commerciali come l’Idroscalo center, in costruzione a Segrate. Il link con Penati? Ancora una volta, i soldi. Perché il gruppo Percassi è tra i finanziatori di «Fare Metropoli», la fondazione dell’ex presidente della Provincia che negli anni ha accumulato bonifici, assegni e versamenti in contanti, e che tra i sostenitori ha società di Di Caterina e di Bruno Binasco (il manager del gruppo Gavio indagato), la Bpm di Massimo Ponzellini, la Stilo Immobiliare (del costruttore Antonio Percassi), e gli affaristi vicini a Massimo D’Alema (l’architetto Renato Sarno - figura chiave dell’inchiesta -, Enrico Intini e Roberto De Santis) che con la Milano Pace spa stanno realizzando a Sesto il complesso edilizio «Le torri del Parco».

Fare Metropoli - secondo gli inquirenti - avrebbe accumulato fondi illeciti da destinare al partito. Uno schema che ricorda un’altra indagine e un’altra fondazione: «ItalianiEuropei» di Massimo D’Alema. Anche questa, guarda caso, finita nel mirino della magistratura.

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