di Massimo Pavin*
L'industria padovana si è rimessa in moto, ma fatica ancora a esprimere il suo potenziale. L'export continua a spingere la ripresa, ma la domanda interna non decolla e pesano i prezzi delle materie prime, i tempi dei pagamenti, il rialzo dei tassi di interesse. Una cosa è certa: la fase post crisi ci ha insegnato che la ripresa c'è per chi è capace di globalizzarsi. Ci sono imprese e filiere che lo hanno capito e stanno compiendo grossi sforzi di ristrutturazione, riposizionamento sui mercati, stanno puntando su innovazione, reti e aggregazioni. Altre sono tuttora in mezzo al guado, in forte sofferenza. Alle une e alle altre vanno date risposte immediate e coerenti. Serve una scossa, a tutti i livelli, segnali di discontinuità, bisogna rimuovere gli ostacoli all'attività d'impresa, aggredire le riforme annunciate da vent'anni e disattese: fisco, spesa pubblica, liberalizzazioni, cura dimagrante per il sistema politico e i suoi costi. Sburocratizzazione e semplificazione sono aspetti cruciali per la competitività e la crescita.
Da una nostra indagine risulta che le imprese padovane bruciano ogni anno 170 milioni e 1,6 milioni di giornate di lavoro solo per carte e adempimenti burocratici, 63 giornate perse per ogni piccola azienda. L'aumento dei tassi Bce e le tensioni sui mercati, poi, si sono già tradotti in maggiore costo del denaro per metà delle imprese padovane - il 47,7% -, un altro freno alla ripresa. Bisognerà tenere alta l'attenzione nei prossimi mesi. Guai se si dovesse verificare una restrizione del credito alle imprese per l'impatto di Basilea 3.
*Presidente di Confindustria Padova
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