In unepoca in cui i linguaggi dellarte sono fortemente contaminati dalla multimedialità e dalle nuove tecnologie, il disegno non ha perduto il proprio fascino ma ha anzi saputo rinnovare cifra e contenuti nelle nuove generazioni. Disegno come visione poetica, come simbolo, come appunto della realtà o semplicemente come segno primario di una progettualità interdisciplinare tra arte visiva, cinema, architettura e teatro. Quaranta artisti portano la propria testimonianza alla mostra Segni. Viaggio nel disegno contemporaneo che si svolge negli spazi della Galleria San Lorenzo di Milano (via Giannone 10). Allesposizione, curata da Mimmo Di Marzio, prendono parte giovani autori di diversa estrazione: sia coloro che utilizzano il disegno come fondamentale se non esclusivo mezzo espressivo (tra gli altri, Massimo Gurnari, Carlo Cane, Cristiana De Pedrini, Tamara Ferioli, Fabio Grassi, Andrea Guerzoni, Cristina Mandelli o Ada Mascolo); sia coloro che sono noti al pubblico per altri linguaggi ma che continuano a considerare il disegno un amore segreto o il punto di partenza imprescindibile dellopera: è il caso, ad esempio, di Marco Cirnigliaro, Giovanni Frangi, Federico Guida, Barbara Nahmad, Alessandro Papetti, Paolo Quinzi, Sabrina Sabato, Roberta Savelli o dellartista-attrice Rosalinda Celentano. Ma i lavori scelti per la mostra vogliono anche rappresentare un interessante documento sullo stato della ricerca che vede nel disegno contemporaneo sempre nuove motivazioni stilistiche e la sintesi espressiva talora quasi onirica - delle contaminazioni culturali, dei desideri e delle paure dei nostri tempi.
«Il disegno - dice il curatore, Di Marzio - sta all'arte come la radio ai mezzi di comunicazione. Come le radicali trasformazioni dei mass media non hanno intaccato la funzione evocatrice del mezzo radiofonico, così il disegno ha resistito intatto all'impeto dei nuovi linguaggi della contemporaneità e alle mode culturali che hanno messo in discussione modalità espressive e concezioni estetiche».
Questi artisti, «minori» solo in base a logiche di mercato, sono in realtà un punto di riferimento insostituibile nella produzione della nuova generazione, oltre a rappresentare una preziosa cartina di tornasole per l'evoluzione della poetica contemporanea. L'esposizione, nellintenzione del curatore, intende porre l'accento sui differenti filoni stilistici del disegno di ultima generazione, osservandone l'evoluzione formale nell'opera di coloro che hanno scelto questo linguaggio come esclusivo, ma senza dimenticare l'importanza dei percorsi «progettuali» di autori contemporanei noti al pubblico per altre forme d'arte, in primis la pittura.
Riguardo ai contenuti, un filo invisibile sembra legare la poetica di questi artisti, i cui soggetti viaggiano sospesi tra i simulacri di una scarna quotidianità e le icone quasi mitizzate di un mondo immaginario e infantile. Le figure, spesso appena accennate da tratti delicati ed essenziali, paiono immerse in spazi vuoti e silenziosi, quasi immobili in una dimensione a-temporale. Il senso di vuoto, l'assenza di pathos e la nostalgia di una familiarità perduta dominano la scena di molte delle opere in mostra, mentre l'assetto compositivo dimostra di aver assorbito la lezione di quell'estetica orientale «zenista» che molto sta contaminando anche la nostra concezione formale. E allora alla prevalenza dei vuoti, che sottolinea l'aspetto mentale dell'opera, fa talora da contraltare un segno apparentemente gestuale ma in realtà fortemente ricercato; la sperimentazione arricchisce tecniche tradizionali come l'acquerello e inventa nuove modalità di supporto, mentre la sintesi formale e la pulizia del tratto hanno a volte il rigore dei miniaturisti medioevali o dei maestri giapponesi.
I personaggi di queste microstorie sono spesso bambini o adolescenti, simbolo dell'esigenza umana a ricongiungersi con la parte più autentica e profonda del sé, ma anche dell'adulta consapevolezza di un'esistenza fugace.
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