Gucci è a un passo dal calzare le Puma

da Milano

Il proprietario di Gucci, François-Henri Pinault, è a un passo dall’acquisto di Puma. Le scarpe dei mondiali di Germania entrerebbero così - almeno secondo il Wall Street Journal - nella galassia Ppr, il colosso francese da 18 miliardi di fatturato: la punta di diamante è il polo del lusso, dove, accanto alla griffe fiorentina, brillano, tra le altre, Yves Saint-Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga e Boucheron. L’80% dei ricavi, però, viene dalla grande distribuzione: diversi i marchi, ma il più noto, almeno per gli italiani, è Fnac, la catena multimediale di libri, cd e dvd. Senza dimenticare il capitolo delle sinergie tra i canali di vendita tradizionali e Internet: un business giovane, ma in continua crescita.
François-Henri Pinault, figlio del fondatore e numero uno del gruppo, non ha mai nascosto però l’interesse ad allargare i confini del suo impero. A questo scopo, un mese fa, in occasione della presentazione dei risultati 2006, ha dichiarato che il gruppo può destinare oltre un miliardo alle acquisizioni. E ora sarebbe in «avanzate trattative» - scrive sempre il Wall Street Journal - con Gunther e Daniela Herz, che controllano il 30% di Puma, per rilevare la loro quota a un prezzo che valorizzerebbe il gruppo a 5,4 miliardi. Se poi la transazione dovesse andare in porto, Ppr sarebbe pronto a fare un’offerta anche agli altri azionisti del gruppo tedesco. Un’ipotesi a cui la Borsa crede: giovedì, ultimo giorno di apertura dei mercati prima delle festività pasquali, a Francoforte il titolo Puma ha chiuso in rialzo del 10 per cento.
In effetti, il gruppo, che occupa il terzo posto nel mercato mondiale dell’abbigliamento sportivo con un fatturato di 2,37 miliardi, è considerato da tempo scalabile: e i pretendenti non sono mancati. A cominciare dai suoi concorrenti diretti: Nike, per prima, seguita dalla «cugina rivale» Adidas, nata nella stessa cittadina tedesca di Herzogenaurach. Ma tra gli analisti era circolato anche il nome dell’americana Vf Corporation, produttrice dei jeans Wrangler e Lee. Ppr, invece, sembrava lontano mille miglia.
E più vicino, semmai, all’Italia e ai suoi marchi di lusso, per i quali lo stesso François-Henri Pinault aveva espresso, ancora pochi mesi fa, il suo vivo interesse, alimentando le scommesse sull’identità delle possibili «prede». Tra le più gettonate, Bulgari e Valentino, costrette dall’insistenza dei rumor a smentire - e non per la prima volta - l’intenzione di vendere. Il che non ha modificato l’opinione generale che Ppr fosse più che pronto ad investire nel mondo del lusso. Nulla a che vedere, dunque, con le scarpe sportive: almeno fino a ieri.


Nell’ottobre scorso, infatti, Goldman Sachs ha «promosso» Puma, insieme all’eterna rivale Adidas, trasferendola dal paniere di titoli Apparel, Footwear & Textile a quello degli European Luxury Godds: da scarpa semplice, insomma, a scarpa di lusso, quindi degna di suscitare l’interesse del colosso francese. Che non dimentica che dietro l’angolo, ci sono le Olimpiadi del 2008: un ritorno d’immagine e di fatturati, per l’abbigliamento sportivo, difficilmente ripetibile.

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