Guerra alla baguette: la Lega sforna la michetta

La specialità milanese è in via d’estinzione: la produce solo il 25 per cento dei forni. Salvini: «Riportiamola in tavola» Il Carroccio offre panini al salame davanti ai supermercati di una catena francese. Anche Esselunga vuole rilanciarla

La michetta lancia la sfida alla baguette. Basta con i prodotti imitati o di importazione, è ora di riportare sulle nostre tavole alimenti del territorio, a filiera completamente italiana, possibilmente lombarda e a chilometro zero. A cominciare dal pane, la base dell’alimentazione. E non si tratta di moda, ma di storia e tradizioni della nostra città, di politica estera, di marketing e di economia.
Ieri mattina la Lega ha lanciato un’iniziativa per riportare i prodotti italiani- anche in funzione antifrancese - sulle nostre tavole. Un banchetto davanti al supermercato francese Carrefour di largo Quinto Alpini al grido di «pan, salam e va da via i ciap», e in un attimo le sciùre mollano spese e mercato per correre a farsi un buon panino e un bicchiere di rosso di San Colombano doc. «No alla colonizzazione dei prodotti francesi in tutti i campi - la filosofia ispiratrice del pic nic urbano organizzato da Matteo Salvini, capolista del Carroccio alle comunali, l’assessore provinciale Stefano Bolognini e l’assessore regionale alle Attività produttive Andrea Gibelli - dall’energia alle auto, dal latte ai vini e soprattutto a tavola». Cosa significa? «Vogliamo bere e mangiare roba di casa nostra - spiega Matteo Salvini -. Roba che sappiamo da dove viene. Sarkozy dichiari le guerre che vuole, anche se poi noi ne subiamo le conseguenze, ma a tavola invitiamo i consumatori lombardi e milanesi a scegliere roba nostra: formaggi, pane, salame, vino che non arrivino da chissà dove». Ma la politica estera non è l’unico significato sotteso a questa battaglia tutta meneghina: Salvini fa sul serio e ha intenzione di portare avanti la lotta da qui fino al 2015. Useremo l’Expo per rilanciare la michetta, che dovrà tornare ad essere un simbolo di Milano».
In effetti la michetta è pressochè sparita non solo dalle nostre cucine ma dai panifici della città: solo il 25% dei prestinée la produce ancora, il 50% invece resiste in Provincia. Non solo: bisogna tenere presente che oggi nei forni si trovano almeno 60 tipi diversi di pane, mentre solo dieci anni fa se ne trovavano meno di una quarantina. Il motivo? «Non il costo di vendita - spiegano dall’associazione dei panificatori - un chilo di michette costa tra i 3,50 e i 4,50 euro a seconda delle ubicazioni del forno, ovvero delle spese che deve sostenere il fornaio. Il pane più acquistato è il cosiddetto francesino da 70 grammi, che costa esattamente la stessa cifra. All’origine dell’estinzione della rosetta, invece, c’è il costo di produzione: la michetta costa troppo, richiede manodopera specializzata, che ormai non si trova più, e la gente non è disposta a spendere di più per mangiarla». Anche la disaffezione gioca la sua parte, insomma.
Non c’è solo il Carroccio a voler riportare l’amore per la michetta tra i milanesi. Un grande imprenditore infatti sta covando l’idea da molto tempo e da un anno circa ha iniziato anche a impastare e infornare. Il suo nome? Bernardo Caprotti, patron dell’Esselunga. Da tempo, infatti, nei forni della catena di supermercati è partita una sperimentazione sulla produzione delle michette, che non sono ancora in vendita. Sembra che Caprotti sia entusiasta di questa nuova sfida, tanto che si racconta che l’imprenditore vada spessissimo nei forni a controllare di persona la sua ultima «creatura».

In effetti la sfida non è certo da poco, come suggerisce Antonio Marinoni, ex presidente dei panificatori della provincia: «La grande distribuzione non è in grado di produrrre la michetta, ci vuole manodopera specializzata, un’attrezzatura particolare e i costi sono elevati».

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