Guerra al fracasso notturno: l’Europa dà lezioni a Milano

Nelle vie del divertimento i residenti reclamano il diritto al sonno. Qualche soluzione arriva dalle grandi capitali

Col primo caldo, è scoppiata la guerra al fracasso notturno, più fastidioso delle zanzare. La palma dei più battaglieri quest’estate per ora va ai residenti di viale Monte Nero, che ogni notte rovesciano secchi d’acqua sui marciapiedi affollati dai giovani che frequentano i locali della zona. Ma la mappa del chiasso è ben distribuita, e la rivolta di chi pretende di dormire stava mettendo a rischio anche l’isola estiva sui Navigli: è partita mercoledì sera ma con regole ferree che, se funzioneranno, potrebbero essere estese anche in altre vie del divertimento.
Il problema è sempre lo stesso, e non la soluzione in tasca: far convivere la voglia di divertirsi col diritto al sonno dei residenti. In un’intervista al Giornale, ieri, il direttore artistico di Radio Deejay Linus suggeriva di imitare tutte quelle città che hanno scelto di dedicare alla vita notturna uno o più quartieri. Berlino e Parigi insegnano: nonostante la fama di città festaiole, lì la concessione di licenze per aprire una discoteca sono severissime, tant’è che i locali più rumorosi si concentrano nei quartieri poco abitati. I locali della capitale tedesca ad esempio dopo le 24 non possono produrre «rumori suscettibili di disturbare la quiete di chi abita nelle vicinanze», e la polizia non appena riceve segnalazioni interviene immediatamente per mettere a posto le cose.
Chi, invece, sogna una città ancora più a misura del «popolo della notte» è lo stilista Giorgio Armani. Il problema di Milano, sostiene, è «il centro disabitato dopo una cert’ora. I locali chiudono perché dicono che in centro non c’è nessuno. Ma forse dovrebbero tenere aperto, rischiando all’inizio, anche se certo costa».

Per rivitalizzare la città, sostiene, si potrebbero «consentire orari diversi e ci dovrebbero essere più locali con i tavolini all’aperto. Non è la Notte Bianca una tantum che risolve il problema di Milano. Si fanno molte cose, anche ai Navigli, ma sono un po’ povere».

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