Meglio mettersi l’elmetto e prepararsi al peggio. Sta per cominciare, con l’assemblea della serie A prevista oggi pomeriggio a Milano, una settimana di fuoco del calcio italiano. La tregua post-mondiale è durata appena qualche settimana: il tempo di mettere mano a una discussa riforma in materia di stranieri (riduzione degli extra-comunitari) e di promettere nomi altisonanti per il rilancio del settore tecnico e quello scolastico-giovanile (Roberto Baggio, Paolo Maldini e Cabrini) per scatenare un’autentica guerriglia. I club di serie A, in rotta con Abete, hanno deciso di passare dalla polemica politica alle vie di fatto: minacciano di congelare le sovvenzioni alle leghe di serie C e dilettanti (per il voto favorevole alla riforma Abete) e di disertare il prossimo consiglio federale in segno di protesta. Consapevole del rischio nel caso di una tale clamorosa frattura, il presidente del Coni Gianni Petrucci, unico protettore dichiarato di Abete, è intervenuto per spandere unguento sulle ferite aperte. «Confido nel buonsenso della Lega di serie A, del suo presidente Beretta e delle società di calcio. Capisco le logiche del calcio ma questo è un provvedimento che riguarda lo sport in generale» il suo appello, destinato probabilmente a rimanere inascoltato.
Abete deve difendersi dal calcio che conta ma anche all’interno della stessa federcalcio si è aperto un conflitto inatteso. I suoi alleati, Macalli e Tavecchio, lega Pro e Dilettanti, hanno infatti mal digerito la decisione di aprire al ritorno di Baggio, su suggerimento di Renzo Ulivieri, rappresentante del sindacato allenatori, lo stesso che ha sbarrato la strada al recupero di Collina con un incarico federale. All’ìimprovviso è diventato una sorta di consigliori occulto di Abete. L’effetto immediato di tale clima è stato il seguente: ogni possibile nomina, compresa quella che deve portare Arrigo Sacchi a coordinare le nazionali giovanili, è stato messo in un cantuccio per evitare ulteriori fibrillazioni.
Per fortuna di Abete, anche sul fronte opposto, a Milano, negli uffici di Beretta, il clima per l’ex uomo di fiducia di Montezemolo non è dei migliori. Molti presidenti di club infatti hanno cominciato a redigere il bilancio della sua attività costata un cospicuo stipendio da manager: aveva promesso l’azione di lobby per la legge sugli stadi, che è rimasta sepolta nei cassetti del Parlamento; avrebbe dovuto avere gli occhi aperti in consiglio federale e sbarrare il passo al provvedimento ostile ai suoi elettori e l’ha subito senza alcuna resistenza.
A rendere infine il clima decisamente più infuocato, la nota del sindacato calciatori contenente la minaccia (toh, che novità!) di uno sciopero della categoria in programma la prima giornata del prossimo torneo (29 agosto la data).
La guerra nel calcio, le tre spine nel fianco di Abete
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