Attacco al confine in Polonia: l'ombra di Wagner

Agenti bielorussi in azione contro le guardie. Il Cremlino potrebbe cercare l’incidente

Militari polacchi si addestrano all'Exercise Center Jezewo, 26 luglio 2023
Militari polacchi si addestrano all'Exercise Center Jezewo, 26 luglio 2023
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Questa volta non è il Donbass o la Crimea a sequestrare l’attenzione degli analisti, ma quanto accaduto sabato notte sul confine tra Bielorussia e Polonia. Sette persone, con uniforme bielorussa e il viso coperto da un passamontagna, hanno attaccato le guardie di frontiera polacche. È accaduto al check point di Dubica-Tserkovnij, appena 4 chilometri da Brest. I miliziani hanno cercato di provocare i soldati di Varsavia, lanciando sassi e tentando di accecarli con torce tattiche.
Il comandante dei polacchi ha ordinato ai suoi uomini di non aprire il fuoco, nonostante lo sconfinamento.
L’area dell’incidente è una delle più calde d’Europa, soprattutto dopo il trasferimento in Bielorussia di ciò che resta della Wagner. Senza dimenticare che ad appena 60 km sorge l’exclave russa di Kaliningrad, con oltre 200 mila soldati di Mosca. Il governo polacco ha inviato migliaia di uomini e mezzi pesanti a presidiare il confine, ma se dovessero ripetersi nuovi incidenti, la polveriera potrebbe esplodere, causando una serie di reazioni a catena incalcolabili. Non dimentichiamo che Putin ha definito le regioni occidentali della Polonia «un regalo di Stalin. Se Varsavia l’ha dimenticato, glielo ricorderemo», disse nei mesi scorsi.
Forse Putin, frustrato per gli scarsi risultati ottenuti in Ucraina, vuole creare un incidente diplomatico per costringere l’alleato bielorusso a scendere in campo. Secondo il capo degli 007 ucraini Budanov «la guerra non ha giovato al regime di Mosca e non durerà a lungo». L’economia non regge e l’esercito professionale si è esaurito lo scorso autunno. Gli invasori stanno combattendo, mobilitando nuove leve inesperte. Aprire un altro fronte per disporre dei soldati bielorussi potrebbe essere la carta della disperazione».
Per Kiev sarebbe quindi arrivato il momento di premere sull’acceleratore della controffensiva, ma come fa notare il nuovo ministro della Difesa Umerov è necessario poter disporre di più armi. «Dobbiamo fornire ai nostri soldati tutto ciò di cui hanno bisogno: armi, cibo e medicine. Ne abbiamo bisogno adesso». Per gli Usa l’Ucraina sta ottenendo «risultati sorprendenti. Siamo impressionati dai progressi, soprattutto al sud», commenta il vice segretario di Stato Nuland, ma per il capo dello stato maggiore congiunto Milley «i prossimi due mesi saranno decisivi». Forse grazie ai missili a lungo raggio Atacms, che Biden starebbe inviando. Tutto questo mentre dal G20 di New Dehli non c’è stata nessuna condanna all’aggressione russa, ma un generico invito a non ricorrere alle armi per risolvere controversie internazionali.
Nel 564° giorno di combattimenti, due operatori umanitari dell’ong Road to relief, il canadese Anthony Ihnat e la spagnola Emma Igual, sono morti nel corso di un bombardamento russo.
Il loro furgone è stato investito dai proiettili all'altezza di Chasiv Yar, mentre viaggiava in direzione di Bakhmut per valutare le esigenze dei civili coinvolti nel fuoco incrociato. Nell’imboscata altri due operatori, il medico tedesco Ruben Mawick e lo svedese Johan Mathias Thyr, sono rimasti gravemente feriti. Le forze di difesa aerea russe hanno distrutto ieri mattina un drone ucraino sulla confinante regione di Bryansk. Gli invasori hanno a loro volta utilizzato una trentina di Shahed per tentare un assalto su Kiev. I droni sono stati abbattuti, ma i detriti caduti sui quartieri Sviatoshyn, Shevchenkiv e Podilsky, provocando 4 feriti. Sempre nella notte Mosca ha condotto un attacco aereo liquidando all’altezza dell’Isola dei Serpenti tre motoscafi ucraini diretti in Crimea.

Le forze di Kiev hanno effettuato un’operazione di controffensiva di successo Melitopol e a sud di Avdiivka, occupando l’insediamento di Opytne, e un’altra sulla riva sinistra del Dnepr, nel Kherson. Mosca ha posizionato 40 missili Iskander lungo il confine.

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