
Le parole allarmistiche pronunciate al Forum di San Pietroburgo (18 giugno) dal ministro dell'Economia di Mosca Reshetnikov diventano 50 giorni dopo una pietra tombale. L'economia russa è in affanno: a tre anni e mezzo dall'invasione dell'Ucraina è l'intera macchina finanziaria a essere oppressa. L'economia di guerra, segnata da una politica di sostegno pubblico agli investimenti militari, inizia a mostrare significativi segnali di cedimento. Le entrate petrolifere nel bilancio statale sono diminuite di un terzo rispetto a un anno fa, a seguito del calo dei prezzi globali del greggio. Lo ribadisce Bloomberg dopo un'attenta analisi dei dati del ministero delle Finanze di Mosca: le imposte relative al petrolio sono diminuite di quasi il 33% a 8,9 miliardi di dollari il mese scorso. I ricavi complessivi derivanti dall'oro nero e dal gas hanno raggiunto i 787,3 miliardi di rubli, con un calo del 27%. Bloomberg osserva che il decremento dei proventi derivanti da questi settori, che rappresentano circa un terzo del bilancio russo, aumenterà la pressione sulle finanze statali, già gravate dalle ingenti spese del conflitto. Trump si arma di bisturi per recidere il nervo scoperto della Federazione, ricordando che il calo dei prezzi potrebbe spingere Putin a porre fine alla guerra: «Se l'energia scenderà di altri 10 dollari al barile, non avrà scelta perché la sua economia è in crisi, e la smetterà di uccidere persone». Nell'intervista alla Cnbc, ha anche annunciato di voler aumentare in maniera sostanziale i dazi contro l'India. Non solo perché acquista petrolio da Mosca (a un prezzo superiore al tetto fissato dall'Occidente), ma anche per aver fornito, lo sostiene Kiev, componenti nei droni russi utilizzati per gli attacchi sui civili. L'ira di Nuova Delhi è nelle parole del ministro degli Esteri Jaishankar che ha accusato Ue e Usa «di utilizzare due pesi e due misure nei confronti del commercio con la Russia».
Da parte sua Putin non sembra intenzionato a cedere all'ultimatum (8 agosto) sulle sanzioni Usa. Oggi vedrà al Cremlino l'inviato speciale americano Witkoff e ritiene di arrivare a un'intesa con Washington. Lo zar di Mosca gioca su due tavoli: sorregge i canali diplomatici, e mantiene l'obiettivo di conquistare quattro regioni dell'Ucraina nella loro interezza. Senza contare che sta per aggiungere alla sua collezione anche gli oblast di Sumy e Dnipropetrovsk, dove le truppe di Gerasimov si riversano oltre confine, ma stanno entrando anche a Kupyansk. A sostenere la causa di Kiev, dopo il pacchetto di armi del valore di 500 milioni di euro girato dai Paesi Bassi, si sono aggiunte Svezia, Norvegia e Danimarca (no di Helsinki), che assieme contribuiranno a un «maxi-colletta» da 440 milioni di euro, con le stesse modalità: benedice la Nato, compra l'Ue e incassa Trump. «È un'ulteriore misura per prolungare il conflitto», rammenta l'ambasciata russa all'Aja.
Ieri il tycoon ha sentito al telefono Zelensky sulla fornitura d'armi e di droni, attraverso la «formula europea», e sulle sanzioni che Trump imporrà alla Russia e che trovano il plauso, con una nota ufficiale, anche da Bruxelles.
Nel 1.259° giorno di scontri tre persone sono morte e altre 14 ferite in attacchi russi con 50 droni e un missile balistico nel nord-est dell'Ucraina. Quattro dipendenti di un acquedotto sono deceduti per l'attacco di un drone ucraino a Svatove (Luhansk). Al 31 luglio, dopo l'invasione su larga scala, sono morti 15.258 civili, di cui 640 bambini, lo riferisce la Procura generale di Kiev.
Zelensky ha dato disposizioni per aumentare in modo significativo i finanziamenti per l'acquisto di droni. I fondi sono disponibili. La Lituania ha chiesto alla Nato di adottare misure immediate per rafforzare la difesa aerea dopo aver intercettato sul proprio territorio uno Shahed.