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Dalla Marina alla sfida della Nato: chi è l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone

Le più recenti dichiarazioni del Presidente del comitato militare dell'Alleanza atlantica hanno generato un'ondata di reazioni politiche e diplomatiche in tutta Europa

Dalla Marina alla sfida della Nato: chi è l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone
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In un momento in cui la sicurezza europea vive la fase più delicata dalla fine della Guerra Fredda, l’ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone è diventato il nuovo volto militare della NATO. Dal 17 gennaio 2025 guida infatti il Comitato Militare dell’Alleanza, assumendo il ruolo di principale consigliere militare del Segretario generale e di figura di raccordo tra i capi di Stato Maggiore dei 32 Paesi membri. Un incarico che, in un contesto di guerra in Ucraina, sabotaggi ibridi e pressioni costanti sul fianco orientale, assume un peso strategico senza precedenti.

Nato nel 1957 ad Arquata Scrivia, nel nord Italia, Cavo Dragone è considerato uno degli ufficiali più completi della sua generazione. Formatosi all’Accademia Navale di Livorno, ha costruito una carriera che unisce tre dimensioni raramente presenti in un unico profilo: l’esperienza di marinaio e comandante di unità navali, una solida formazione come pilota militare — con oltre 2.500 ore di volo su elicotteri, jet e Harrier imbarcati — e un lungo percorso nelle forze speciali, culminato nel comando del reparto di incursori e subacquei della Marina.

Alla guida dell’Italia militare ha ricoperto alcuni dei ruoli più sensibili: comandante della componente aerea della Marina, comandante dell’Accademia Navale, Capo di Stato Maggiore della Marina e poi, dal 2021 al 2024, Capo di Stato Maggiore della Difesa. Una traiettoria che gli ha conferito un punto di vista ampio, interforze, e una familiarità con le dinamiche diplomatiche e strategiche tipiche dei vertici NATO.

Il suo arrivo alla guida del Comitato Militare coincide con una fase di profonda trasformazione dell’Alleanza. Cavo Dragone ha sostenuto con chiarezza che la deterrenza del XXI secolo non può limitarsi alla postura reattiva del passato. Ha parlato della necessità di affrontare le minacce ibride — dai cyberattacchi ai sabotaggi fisici delle infrastrutture critiche — con un approccio più “attivo”, capace di anticipare le mosse avversarie nel rispetto del diritto internazionale ma senza rimanere intrappolati in automatismi difensivi. Le sue dichiarazioni sul fatto che un eventuale attacco preventivo, in alcuni casi, potrebbe configurarsi come una misura difensiva, hanno attirato l’attenzione delle cancellerie europee e non solo, offrendo una fotografia del dibattito interno all’Alleanza.

Le più recenti dichiarazioni dell'ammiraglio hanno generato un'ondata di reazioni politiche e diplomatiche in tutta Europa. In un'intervista rilasciata alla stampa internazionale, il presidente del Comitato Militare della NATO ha affermato che l'Alleanza dovrebbe valutare opzioni "più proattive o aggressive" per rispondere alle minacce ibride attribuite alla Russia, includendo — sul piano teorico — anche la possibilità di azioni preventive. Pur chiarendo che si tratterebbe di misure da ponderare con grande attenzione, l'idea che un attacco preventivo possa essere considerato in alcune circostanze come un "atto difensivo" ha acceso immediatamente il dibattito.

La reazione di Mosca è stata immediata e durissima: il ministero degli Esteri russo ha definito le parole di Cavo Dragone "irresponsabili" e "destinate ad alimentare l'escalation", accusando la NATO di minare qualsiasi tentativo di stabilizzazione. Anche all'interno dell'Alleanza le dichiarazioni hanno prodotto frizioni: i Paesi del fianco orientale vedono nella proposta un segnale di determinazione di fronte alle pressioni russe, mentre altri governi, più prudenti, hanno espresso riserve legate ai rischi legali, politici e strategici di una postura anticipatoria.

Uomo di formazione rigorosa, con un profilo operativo forte e un linguaggio misurato, Cavo Dragone rappresenta oggi una figura chiave nella ridefinizione dell’equilibrio strategico euro-atlantico.

La sua leadership dovrà bilanciare pressioni diverse: quelle dei Paesi baltici e nordici, che chiedono una postura molto più assertiva verso la Russia; quelle degli Stati Uniti, più cauti nel prendere iniziative che possano essere percepite come escalation; e quelle degli alleati del Sud, più concentrati sui rischi in Nord Africa e Medio Oriente.

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