Questo 2025 è stato un altro anno di guerra in Europa, ma il Vecchio Continente non è l'unico teatro caratterizzato da conflitti aperti o latenti che contribuiscono al deterioramento delle condizioni di sicurezza internazionale e che, con livelli diversi, si riflettono sul nostro Paese e sull'area europea. Vi offriamo quindi una breve panoramica di quelle aree di crisi che potrebbero facilmente peggiorare o che già vedono la presenza di conflitti più o meno aperti.
Europa: la guerra in Ucraina e la minaccia russa
La guerra in Ucraina, sebbene sembri essere sulla via di una risoluzione per il radicale cambiamento della postura statunitense nei confronti della Russia, resta l'area di crisi principale la sicurezza europea. Lo schieramento in Bielorussia di missili balistici russi rappresenta un grave attacco alla stabilità strategica del continente. Il conflitto ha portato con sé il deterioramento dei rapporti tra Paesi europei e Russia con un inasprimento delle azioni di guerra ibrida attuate da Mosca contro l'Europa. Di particolare interesse, è la narrazione che la propaganda russa sta mettendo in atto nei confronti di alcuni Stati ai suoi confini (Baltici e Finlandia), che è la stessa utilizzata per l'Ucraina prima dell'invasione: discriminazione delle minoranze russofone e diffusione di politiche naziste. La minaccia ibrida russa verso i Paesi europei più occidentali, quindi non attaccabili da questa narrazione – eccezion fatta per il ritorno del nazismo – si espleta in attacchi cyber (in aumento), disinformazione, sabotaggi e azioni di disturbo utilizzando droni operati da personale non riconducibile alla Russia.

Taiwan e Mar Cinese Meridionale: perché il Pacifico è sempre più instabile
La situazione nel Pacifico Occidentale è in lento ma costante peggioramento per via della politica assertiva cinese nei confronti di Taiwan e della nazionalizzazione del Mar Cinese Meridionale. Le sempre maggiori esercitazioni cinesi che simulano un intervento armato nell'isola, che Pechino ha più volte dichiarato debba essere inglobata, in un modo o nell'altro, nella Repubblica Popolare, hanno provocato la reazione di Tokyo che ora considera un qualsiasi tipo di intervento armato della Cina a Taiwan come una diretta minaccia alla propria sicurezza. L'attività di coercizione cinese nel Mar Cinese Meridionale rivolta contro le Filippine ha determinato sia il riarmo di Manila sia la richiesta di sostegno statunitense, con la riapertura delle vecchie basi militari – abbandonate dagli USA a partire dagli anni '90 – e l'apertura di nuove. Nonostante le titubanze dei Paesi asiatici bagnati da quel mare, per via dei loro legami economici con Pechino e per via del timore di un avversario militarmente più potente, il processo di corsa agli armamenti continua, e il Vietnam – divenuto paese amico degli USA – ha accelerato il processo di militarizzazione delle isole del Mar Cinese Meridionale che ha occupato per cercare di limitare/contrastare l'identico processo messo in atto dalla Cina.

Medio Oriente
La crisi per Gaza è solo temporalmente sopita, e le dinamiche di conflitto restano presenti nonostante la guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran e l'avvento del nuovo governo in Siria. I proxy di Teheran in Yemen continuano le loro azioni ostili contro il traffico navale nel Mar Rosso, impegnando le forze aeronavali europee e statunitensi in missioni di scorta al traffico mercantile che sceglia quella via d'acqua invece di affrontare il lungo periplo dell'Africa. Si ritiene che l'Iran stia recuperando i danni inflitti dai bombardamenti del breve conflitto di giugno al suo programma nucleare, e soprattutto abbia intrapreso un processo di miglioramento delle sue capacità di attacco a lungo raggio (missili balistici, da crociera e droni), facendo pensare alla prossima apertura di una nuova fase del conflitto con Israele. Tel Aviv intanto sta continuando a colpire forze ostili in Libano e a effettuare azioni mirate a Gaza.

Venezuela: il rischio di una crisi militare nel “cortile di casa” degli Usa
L'ammassamento di forze aeronavali statunitensi nell'area caraibica fa presagire la possibilità di un'azione militare diretta volta non solo a cercare di eliminare i narcotrafficanti, ma anche a deteriorare irreparabilmente la tenuta del regime socialista di Maduro, sperando in un suo sovvertimento scatenato dalla popolazione e da un'opposizione politica sostenuta da Washington. Caracas ha mobilitato le sue forze armate e gode del sostegno militare russo (sono giunti nuovi sistemi di difesa aerea, istruttori e forze paramilitari) e di quello diplomatico di Paesi ostili agli Stati Uniti. La narrazione della Casa Bianca – riguardante le concessioni per lo sfruttamento di idrocarburi in Venezuela – sono solo un paravento del prepotente ritorno di una politica strettamente allineata alla dottrina Monroe di allontanamento della presenza non americana nel continente.

Sudan e Libia: la penetrazione russa e le minacce agli interessi europei
La guerra civile in Sudan vede la presenza di attori internazionali ostili agli interessi europei. Il Paese è teatro di un confronto tra forze governative e di opposizione frammentate e sostenute da attori internazionali diversi – tra cui Russia e perfino Ucraina – che vedono nel conflitto intestino sia la possibilità di indebolire l'avversario (caso ucraino), sia un'opportunità di avere un'impronta stabile per aprire nuove sfere di influenza e di contrasto alle politiche europee in Africa centrale e orientale. In Libia si consolida la presenza russa anche al di fuori della Cirenaica, con una maggiore operatività dell'insediamento militare nella regione sudorientale comprensivo di una base aerea.
Nel Paese diviso, si riscontra con sempre maggior frequenza la presenza di attori stranieri potenzialmente ostili – Bielorussia, Cina – e di attori non allineati – India – che si propongono come security provider e fornitori di infrastrutture OT (Operational Technology) a basso costo che pongono il rischio effettivo di un controllo eterodiretto delle politiche nazionali e dei dati telematici.