In Israele una "situazione speciale". Il confine col Libano in fiamme: Tel Aviv verso la guerra totale?

Gli attachi transfrontalieri lungo il confine tra i due Paesi aumentano di intensità man mano che passano le ore. Intanto, Israele pensa a restrizioni per i civili: cosa può accadere nelle prossime ore

In Israele una "situazione speciale". Il confine col Libano in fiamme: Tel Aviv verso la guerra totale?
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In tempi di emergenza Israele definisce "situazione speciale" il particolare provvedimento che concede alle autorità il potere di vergare restrizioni ai civili per garantire la sicurezza. Si tratta per il momento di sole 48 ore, che però potrebbero essere estese. Detto in altre parole, il peggio potrebbe accadere da un momento all'altro. Il capo di stato maggiore dell'Idf, tenente generale Herzi Halevi, ha scelto invece come nome per l'offensiva contro Hezbollah: "Frecce del Nord".

Nei minuti in cui scriviamo, Haifa è sotto attacco dei razzi di Hezbollah. Da stamattina, secondo le Idf, dal Libano sono stati lanciati oltre 200 razzi, principalmente contro il nord di Israele. E man mano che passano le ore appare sempre più chiaro come il conflitto abbia già mutato volto: le prime pagine hanno smesso di parlare di Gaza per concentrarsi sul nord. Secondo le Forze di difesa israeliane, queste mattina decine di aerei da guerra israeliani hanno colpito più di 800 obiettivi nel Libano meridionale. Almeno 274 persone sono state uccise e più di 1.000 ferite negli attacchi in corso, tra cui donne, bambini e personale medico, ha affermato il Ministero della Salute Pubblica del Libano.

Sorprendentemente illeso il numero tre degli Hezbollah Ali Karaki, comandante del fronte meridionale e membro del Consiglio della Jihad. L'uomo, che era stato dato per morto, sarebbe stato trasferito in un luogo sicuro, come riporta il quotidiano israeliano Haaretz. L'ala armata di Hamas, le Brigate Izz ad-Din al-Qassam, afferma invece che il suo comandante sul campo nel Libano meridionale, Mahmoud al Nader, è stato ucciso nell'attacco di oggi.

Così come è chiaro che Tel Aviv ha deciso di regolare tutti i conti in sospeso da tempo: non ultimo, quello con i miliziani di Dio. E per paradosso questo è un messaggio che non solo viene spedito all'indirizzo dei nemici, ma anche degli amici, qualora si dimostrino titubi a spalleggiare lo Stato ebraico. In una dichiarazione, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stato più che chiaro: Israele sta cambiando "l'equilibrio della sicurezza, l'equilibrio di potere nel Nord". E ancora: "Per coloro che non l'hanno ancora capito, voglio chiarire la politica di Israele: non aspettiamo una minaccia, la anticipiamo", ha detto Netanyahu. "Ovunque, in ogni arena, in qualsiasi momento. Eliminiamo alti funzionari, eliminiamo terroristi, eliminiamo missili, e le nostre mani sono piegate".

Si tratta non solo di una risposta ai consueti attacchi che provengono dal sud del Paese dei cedri, ma anche di una sorta di guerra preventiva-sia consentito il prestito temporale e geografico-per mettere in sicurezza e creare il cuscinetto del nord. Anche il contrammiraglio Daniel Hagari, che possiede il polso della situazione sul campo, è stato cristallino nelle sue espressioni: questa mattina, in seguito alle nuove raffiche, ha dichiarato che l'Idf avrebbe presto iniziato a colpire obiettivi nella valle orientale della Bekaa, un'altra roccaforte di Hezbollah. Il tutto consigliando ai civili nei villaggi libanesi utilizzati da Hezbollah per scopi militari di "allontanarsi immediatamente dal pericolo per la loro stessa sicurezza".

Un'escalation che forse nemmeno Israele aveva preventivato, convinta che, colpendo gli strumenti di comunicazione di Hezbollah e uccidendo diversi comandanti chiave e civili libanesi, avrebbe innervosito il gruppo e lo avrebbero convinto a ritirarsi dal confine. I fatti dimostrano che non è bastato e che la "paralisi" sperata dei proxy sciiti non si è verificata. Intanto, le raffiche che giungono da nord rischiano di far inceppare Iron Dome, con tutte le conseguenze nefaste del caso. Ecco perché alzare la posta in gioco, passo che anche Hezbollah sembra pronto a fare in questo momento: i miliziani, infatti, hanno giurato di non cedere sol perché sotto pressione e di non fare alcun passo indietro, legandosi mani e piedi al cessate-il-fuoco a Gaza.

Hassan Nasrallah, del resto, aveva perfino sfidato Israele all'invasione del sud del Libano, sulla pelle dei libanesi innocenti. Un'opzione che Israele sembrava escludere fino a poche ore fa, limitandosi agli attacchi dal cielo. Ma se non restassero altre opzioni sul campo, l'invasione sarebbe l'unica carta rimasta. Un bagno di sangue. Ma al momento non sono disponibili indizi che provino un cambio di passo: nonostante la proclamazione della "situazione speciale", non sono stati annunciati cambiamenti specifici nelle istruzioni del Comando del Fronte Interno dell'Idf.

Ma qualora l'opzione di bucare il Libano fosse già realtà sul tavolo del gabinetto di guerra, c'è da chiedersi se Israele sia in grado di combattere su due fronti, con un esercito galvanizzato ma comunque fiaccato da un anno di questa nuova guerra.

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