Patriot, Hellfire e Stinger: ecco le armi destinate a Kiev che Trump ha bloccato

Gli Usa hanno interrotto la fornitura di alcuni strumenti militari a Kiev citando le preoccupazioni relative al calo delle proprie scorte di munizioni. Quali sono le armi coinvolte

Un sistema di difesa aerea Patriot in Ucraina
Un sistema di difesa aerea Patriot in Ucraina
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Semaforo rosso: stop all'invio di alcune armi americane all'Ucraina. Gli Stati Uniti hanno preso questa drastica decisione citando le preoccupazioni relative al calo delle proprie scorte di munizioni. La mossa di Washington si è tra l'altro materializzata in un momento in cui la Russia sta intensificando gli attacchi aerei contro Kiev, e riguarda diversi strumenti indispensabili che il governo guidato da Volodymyr Zelensky avrebbe potuto utilizzare per contrastare l'avanzata del Cremlino. "Questa decisione è stata presa per mettere al primo posto gli interessi americani", ha dichiarato la vice addetta stampa della Casa Bianca, Anna Kelly. Ma quali sono le forniture bloccate? La lista dovrebbe includere includere sistemi di difesa aerea Patriot, artiglieria di precisione e missili Hellfire.

Le armi che gli Usa smetteranno di inviare all'Ucraina

L'amministrazione Trump, dunque, sta interrompendo la consegna di armamenti promessi in passato a Kiev durante l'era Biden, compresi missili e munizioni, per il timore che le scorte Usa possano ridursi eccessivamente. La Casa Bianca non ha confermato alcun dettaglio ma le indiscrezioni riguardanti il dossier si sono subito moltplicate. Secondo quanto riportato da Nbc News, il Segretario alla Difesa degli Usa, Pete Hegseth, avrebbe ordinato di congelare l'invio di una spedizione di missili e munizioni all'Ucraina per via di preoccupazioni relative alle scorte dell'esercito statunitense.

Hegseth avrebbe intrapreso questa strada settimane dopo aver emesso un promemoria chiedendo una revisione delle scorte di munizioni a disposizione degli Stati Uniti; scorte che si sono esaurite dopo anni di spedizioni militari all'Ucraina, nonché dopo quasi due anni di operazioni militari in Medio Oriente, di combattimenti contro i ribelli Houthi nello Yemen e della difesa di Israele dall'Iran. Le munizioni e le altre armi potrebbero dunque essere trattenute fino al completamento della valutazione.

Tra le armi che non prenderanno più, almeno per il momento, la via di Kiev troviamo decine di intercettori Patriot che avrebbero potuto consentire a Kiev di difendersi dai missili russi in arrivo, oltre a migliaia di munizioni Howitzer ad alto esplosivo da 155 mm, più di 100 missili Hellfire, oltre 250 sistemi missilistici a guida di precisione noti come GMLRS e decine di missili terra-aria Stinger, missili aria-aria AIM e lanciagranate.

La reazione di Kiev

"La parte ucraina ha sottolineato che qualsiasi ritardo o procrastinazione nel sostenere le capacità di difesa dell'Ucraina non farà altro che incoraggiare l'aggressore a continuare la guerra e il terrore, anziché cercare la pace", ha affermato il ministero degli Esteri ucraino. Dopo un incontro con Zelenskyy, Donald Trump ha riconosciuto che Kiev "vuole i sistemi antimissile, come li chiamano loro i Patriots, e vedremo se potremo renderne disponibili alcuni". Il presidente Usa ha però aggiunto: "Sono molto difficili da ottenere. Ne abbiamo bisogno. Li stavamo fornendo a Israele", lasciando intendere che il sostegno fornito da Washington a Tel Aviv contro Teheran – una priorità per l'amministrazione repubblicana – ha frenato la disponibilità ad aiutare gli ucraini.

Il ministero della Difesa di Kiev ha fatto sapere che l'Ucraina non ha ricevuto comunicazioni ufficiali relative alla sospensione o alla revisione dei calendari di fornitura dell'aiuto alla difesa concordato. "Le consegne continuano ancora oggi.

Sembrerebbe molto strano, disumano, interrompere la fornitura di sistemi antimissile, in particolare di sistemi Patriot, che proteggono in modo assolutamente evidente la popolazione civile in Ucraina su larga scala", ha tuttavia spiegato il consigliere del capo dell'ufficio presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, parlando al canale tv ucraino Freedom.

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