Gaza, intesa a ostacoli. Il rebus dei veti

Scambio rapiti-detenuti: no di Israele su Barghouti. Trump pronto a volare in Medioriente

Gaza, intesa a ostacoli. Il rebus dei veti
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I «big» della Casa Bianca sono arrivati in Egitto e Benjamin Netanyahu ha annullato una vacanza di tre giorni, segno che la trattativa per la tregua a Gaza è in una fase decisiva. «Si va verso un accordo in uno o due giorni», dicono fonti palestinesi al Times of Israel. «Entro venerdì» per i mediatori del Qatar. L'intesa potrebbe già arrivare in queste ore, secondo il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan. Più cauti gli israeliani, che parlano di «ottimismo prematuro» e anche il segretario di Stato Marco Rubio, che riferisce di «molti progressi, ma ancora lavoro da fare». La fiducia sembra prevalere, tanto che Il Cairo ha invitato Donald Trump per l'eventuale firma, con il presidente americano «pronto a volare in Medioriente» se l'intesa si dovesse chiudere.

Il leader statunitense non smette di credere che si possa raggiungere una soluzione entro il fine settimana tanto che, per il terzo giorno di negoziati indiretti fra Israele e Hamas, ha messo in campo i suoi uomini di punta: l'inviato speciale per le missioni di pace, Steve Witkoff, e suo genero, Jared Kushner, il marito della figlia Ivanka che non ha un ruolo formale nell'Amministrazione Usa, ma lavora come consulente esterno. Tutti a Sharm El Sheikh per le trattative con il ministro israeliano per gli Affari strategici Dermer, il premier del Qatar Mohammed Al Thani e i capi dell'intelligence di Egitto e Turchia. Presenti anche, per conto di Hamas, la Jihad islamica, che è stata e continua a essere carceriera di alcuni ostaggi a Gaza, e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, una delle fazioni politiche armate palestinesi.

Ma a che punto è il negoziato sui contenuti? Passi avanti si registrano sulla questione fondamentale: la liberazione degli ostaggi israeliani in cambio dei detenuti palestinesi. Su questo si potrebbe quanto meno arrivare a un accordo su una prima fase di tregua, in attesa di definire gli altri dettagli, anche se gli Stati Uniti continuano a sperare in una pace duratura. Israele e Hamas si sono scambiati le rispettive liste, «basate su criteri e numeri concordati». Il gruppo palestinese ha fornito informazioni sui 20 rapiti ancora in vita ma ha difficoltà a localizzare i 28 defunti, mentre avrebbe chiesto la restituzione dei corpi dei suoi due leader uccisi, i fratelli Sinwar, Yahya e Muhammad. «L'ottimismo prevale», ha dichiarato all'Afp un'altra fonte di Hamas, anche se non c'è ancora nulla di certo sul disarmo del gruppo palestinese e sul ritiro dell'esercito israeliano, cruciali per una pace di lungo termine.

Un ulteriore segnale che i colloqui sono a uno stadio avanzato, anche se potrebbero precipitare in qualsiasi momento, è la notizia che al Cairo è arrivata ieri la moglie di Marwan Barghouti, simbolo della resistenza palestinese, leader di Fatah che sta scontando in un carcere israeliano cinque ergastoli per vari attentati contro civili, pur avendo sempre negato le accuse e considerandosi un perseguitato politico. Ma l'entusiasmo palestinese è stato spento in serata: secondo i media israeliani, Israele ha posto il veto al suo rilascio, a quello di Ahmad Saadat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, condannato a 30 anni per vari attacchi anti-israeliani. Veto anche sui miliziani della Nukhba di Hamas, che presero parte al 7 ottobre. E per il gruppo palestinese questi «no» potrebbero essere decisivi. «Il rilascio di Barghouti è centrale», fa sapere Hamas.

Cruciale il ruolo della Turchia.

Erdogan ha fatto sapere che Trump gli ha chiesto di «convincere» Hamas ad accettare il piano e sostiene che il gruppo «ha dimostrato impegno per la pace», ma che Israele deve fermare gli attacchi, dopo «essere andato oltre Hitler in termini di genocidio». La fine del conflitto è a un bivio. Le divergenze da sanare sono decisive per «la pace o l'inferno a Gaza», per dirla alla Trump.

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