Guerra in Ucraina

Nuove truppe russe ai confini Nato: l'allarme per i 20mila uomini di Putin

Secondo il premier lituana, la Russia ha intenzione di riadottare una "postura da Guerra fredda". Timore per future aggressioni contro le nazioni baltiche

Nuove truppe russe ai confini Nato: l'allarme per i 20mila uomini di Putin

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La sensazione di essere entrati in una nuova Guerra fredda potrebbe presto concretizzarsi. Secondo il primo ministro lituano Ingrida Šimonytė, la Russia si starebbe preparando ad aumentare sensibilmente il numero di soldati schierati al confine con la Nato che, dall’ingresso ufficiale della Finlandia, è praticamente raddoppiato. “Sta tornando ad una postura da Guerra fredda”, ha commentato il premier del Paese baltico.

La notizia di un possibile build-up militare della Federazione lungo la sua frontiera nord-occidentale era già stata diffusa il mese scorso dall’intelligence estone, che aveva riferito l’intenzione del Cremlino di raddoppiare il numero di uomini schierati in quella zona rispetto al periodo precedente l’invasione dell’Ucraina (circa 19mila). Šimonytė ha sottolineato come “l’intenzione della Russia sia chiara”, anche se per il momento non sono state fatte mosse concrete. Il Paese, infatti, “ha bisogno di tempo per trovare il personale e per ricostruire i carri armati, i veicoli corazzati e tutto il materiale che dovrà essere schierato assieme alle truppe”, i cui numeri si sono assottigliati dall’inizio del conflitto in Ucraina.

Dall’altro lato del fronte, i Paesi baltici hanno stretto un accordo per la costruzione di una vasta rete difensiva lungo il confine con una funzione di deterrenza per evitare future aggressioni che, secondo il think tank statunitense Institute for the study of war, potrebbe avvenire nei prossimi anni. Questa ipotesi trova fondamento nell’escalation retorica adottata da Vladimir Putin nei confronti delle tre nazioni ex-sovietiche e dal timore che lo zar possa sfruttare la presenza di ampie minoranze russe per giustificare operazioni militari come azioni di difesa di “compatrioti” che, secondo il governo di Mosca, stanno subendo violazioni dei diritti umani e repressioni. Un casus belli, questo, utilizzata anche poco prima dell’inizio del conflitto in Ucraina.

Proprio riguardo a questa guerra, il premier Šimonytė ha riconosciuto il fatto che i Paesi dell’Unione europea abbia aumentato esponenzialmente i propri investimenti nell’ambito della difesa, portandoli a livelli “inimmaginabili”, ma ha anche sottolineato come essi debbano fare di più per sostenere e potenziare l’arsenale della nazione invasa dal 2022 perché “l’esito di questa battaglia in Ucraina è cruciale per l’Europa”.

Un appello che in molti stanno rilanciando, considerando le crescenti difficoltà di Kiev nel respingere l’offensiva delle truppe di Putin e i costanti bombardamenti con droni e missili che stanno martellando le città ucraine.

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