"Midnight Hammer". Cosa significa e cosa nasconde nome dell'operazione Usa in Iran

La parola “Hammer”, martello, non è nuova nel vocabolario operativo delle forze armate statunitensi. In passato è stata utilizzata per missioni ad alto impatto

"Midnight Hammer". Cosa significa e cosa nasconde nome dell'operazione Usa in Iran

I nomi delle operazioni militari non sono mai casuali, soprattutto a Washington. Il "martello di mezzanotte" (midnight hammer) trumpiano, abbattutosi sull’Iran la notte scorsa non fa eccezione. L’annuncio dell’operazione statunitense contro i siti nucleari iraniani è arrivato con un nome che ha subito attirato l’attenzione. Un’etichetta apparentemente semplice, ma che – come spesso accade nella nomenclatura militare – è tutt’altro che casuale. Dietro le due parole scelte dal Pentagono si cela una strategia comunicativa e simbolica precisa, pensata per rafforzare la percezione di potenza, precisione e determinazione.

Tabella Midnight Hammer

La parola “Hammer”, martello, non è nuova nel vocabolario operativo delle forze armate statunitensi. In passato è stata utilizzata per missioni ad alto impatto. In questo caso, l’analogia è particolarmente calzante. Gli Stati Uniti hanno impiegato bombardieri B-2 Stealth con capacità di penetrazione profonda, utilizzando bombe bunker-buster da 14 tonnellate contro obiettivi protetti da decine di metri di cemento armato. Non si tratta di chirurgia di precisione in superficie, ma di un martello che cala nel cuore delle infrastrutture nucleari. È la forza bruta della tecnologia militare usata in modo mirato e calcolato.

Nel corso degli ultimi decenni, il termine Hammer è stato utilizzato in più occasioni per designare operazioni militari ad alta intensità, spesso concepite per infliggere danni rapidi e irreversibili al nemico.

Nel marzo del 2003, in Iraq prese forma l’Operation Viking Hammer, condotta da forze speciali USA e milizie curde contro Ansar al-Islam, gruppo jihadista attivo nel Kurdistan iracheno e sospettato di sviluppare armi chimiche. L’obiettivo era smantellare la roccaforte del gruppo jihadista, attivo nella zona montuosa di Halabja. Dopo un'intensa preparazione e un pesante bombardamento con missili Tomahawk, le forze alleate lanciarono un assalto via terra. Considerata un successo strategico, Viking Hammer segnò una delle prime e più efficaci azioni coordinate tra forze speciali americane e milizie curde durante la guerra in Iraq. Sebbene tecnicamente distinta nel nome e nell’obiettivo tattico, Viking Hammer venne lanciata in parallelo con i primi giorni dell’invasione principale, come parte del piano operativo complessivo di Iraqi Freedom, iniziando appena un giorno dopo.

Restando nello scenario iracheno, tra le missioni più note figura l’Operation Iron Hammer (2003), lanciata dalle forze statunitensi a Baghdad per colpire insurrezioni e depositi di armi non convenzionali nel caos post-invasione irachena. Lanciata nella notte del 12 novembre 2003, l’Operazione Iron Hammer segnò un cambio di passo nella strategia statunitense a Baghdad. Condotta dalla 1ª Divisione Corazzata dell’esercito americano, l’operazione prevedeva cordoni di sicurezza e perquisizioni mirate in vari quartieri della capitale. L’azione prese il via quando i militari individuarono un furgone da cui venivano sparati colpi di mortaio: l’inseguimento portò a uno scontro a fuoco, durante il quale un elicottero AH-64 Apache colpì il mezzo, uccidendo due sospetti e ferendone altri tre. Parallelamente, le forze USA iniziarono a colpire in modo preventivo edifici ritenuti basi operative degli insorti. In aggiunta, vennero eseguiti bombardamenti di artiglieria su due siti sospetti di lancio di razzi e mortai, situati nelle aree orientali e occidentali della capitale.

In Afghanistan, invece, la parola “Hammer” compare in due importanti missioni NATO: l’Operation Hammer (2007), guidata dal Regno Unito nella provincia di Helmand per contenere l’avanzata talebana e l’Operation Hammer Down (2011), una vasta offensiva USA nella provincia di Kunar volta a estirpare postazioni nemiche in aree montuose. Al di fuori dei conflitti attivi, il termine “Hammer” è stato impiegato anche in contesto addestrativo: è il caso dell’Operation Desert Hammer, esercitazione statunitense negli anni ’90 nel deserto del Nevada, concepita per simulare scenari mediorientali post-Guerra del Golfo. Anche la Turchia si servì nel 1997 della parola "martello", all’interno dell’Operation Hammer, lanciata da Ankara contro il PKK nel nord dell’Iraq: si trattò della più estesa incursione turca oltre confine fino ad allora, con oltre 50.000 soldati impiegati.

Nonostante questi celebri precedenti, a rendere il nome della missione di questa notte ancora più evocativo è però la prima parola: “Midnight”, mezzanotte. In ambito operativo, la notte è spesso il tempo dell’azione più audace. È l’ora in cui si muovono i droni, le incursioni stealth, gli attacchi che devono colpire prima che la luce riveli le intenzioni. Ma mezzanotte è anche una soglia simbolica: il punto in cui finisce il giorno e inizia l’irreversibile. Richiama un momento di svolta, l’inizio di qualcosa di nuovo – o la fine. Ma anche qualcosa di maligno, oscuro, esattamente come l’ "asse del Male” degli anni Duemila.

In questo senso, Midnight Hammer è più di una semplice denominazione: è una dichiarazione. L’operazione non è solo un attacco preventivo, ma un messaggio scenico, che comunica all’Iran che da ora in poi l’approccio sarà diretto, frontale, irreversibile.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica