
Magari i cultori della retorica pacifista lo ignorano ancora ma quello che sta avvenendo in quella fiera della violenza che è il Medio Oriente dimostra plasticamente un dato: la pace in questo mondo malandato, che ha fatto strame del diritto internazionale e dei trattati dell'ONU, purtroppo, ripeto purtroppo, si garantisce solo con la forza. Un'amara constatazione suffragata dalle cronache di questi mesi di cui dovrebbero tenere conto i paesi che si sono riuniti all'Aja per il vertice Nato sul riarmo ma, soprattutto, chi ha manifestato contro. Giorgia Meloni ha citato la vecchia dottrina romana si vis pace, para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra), la Schlein gli ha risposto che in duemila anni il mondo è cambiato. In realtà a guardare gli avvenimenti di questi giorni e i tre anni trascorsi ad osservare attoniti il dramma ucraino, non è cambiato per nulla. Anzi, per alcuni versi la condizione dell'umanità è peggiorata perché le armi sono sempre più micidiali e basta spingere un bottone per provocare centinaia se non migliaia di morti. Quindi, per preservare la pace - e la vita - devi creare un equilibrio della forza che convinca tutti i contendenti in campo a non spingere quel bottone. Si chiama deterrenza ed è quella che ha garantito decenni di pace quando il mondo era diviso tra Est e Ovest, tra Alleanza Atlantica e Patto di Varsavia. E paradossalmente, nel mondo dei blocchi, salvaguardare la pace era più semplice. Oggi con il ritorno all'unilateralismo, con il fioccare di guerre regionali che hanno implicazioni globali, è tutto più difficile. Se vuoi garantirti la pace, come pure se vuoi che la tua parola conti per assicurare la pace, devi essere una potenza militare. Una lezione che l'Europa - se vuole preservare il suo stile di vita e le sue democrazie - deve imparare velocemente. Anzi, in fretta visto che ieri Donald Trump ha dato un'interpretazione tutta sua dell'art.5 della Nato, quello che assicura la difesa reciproca ai paesi dell'Alleanza nel caso di aggressione.
Appunto, la forza come vettore di pace. Chi ha ancora qualche dubbio può rivedere il film della guerra dei 12 giorni tra Israele e Iran: con la forza è stata scongiurata l'eventualità che Teheran si procurasse l'atomica; ma sempre con la forza usata con entrambi i contendenti, o con le parole o con i fatti, Trump ha imposto la tregua e posto le basi per un'intesa. In Ucraina, invece, per fare l'esempio contrario, dove il presidente Usa indugia a riequilibrare i rapporti di forza tra Zelensky e Putin assicurando un maggiore supporto militare a Kiev e aumentando le sanzioni contro Mosca, siamo in una situazione di stallo che favorisce lo Zar. È lecito chiedersi il motivo di questi due approcci diversi.
A parte questa contraddizione il discorso che deve interessare l'Italia e l'Europa però è un altro. Ci domandiamo e ci lamentiamo perché il nostro Paese e la UE contino poco a livello internazionale. Predichiamo la pace e la via diplomatica inascoltati. Eppure la ragione specie è semplice: abbiamo poco peso sul piano militare. L'Italia in Europa (l'Inghilterra e la Francia hanno l'atomica, la Germania ha un piano di riarmo di 500 miliardi) e, per la stessa ragione, l'Europa nel mondo.È una riflessione che dovrebbero fare tutti: i nazionalisti anche nella variante sovranista, gli europeisti e i pacifisti. Se vogliamo che la diplomazia europea abbia una sua influenza dobbiamo assicurarci un apparato di difesa e militare adeguato e il prima possibile un esercito europeo.
Altrimenti continueremo a fare le anime belle, che spandono a destra e a manca, in medio-oriente come in Ucraina, la retorica delle belle parole e dei buoni sentimenti, ma non risolvono niente. Purtroppo, ripeto purtroppo, è una tragica verità oggi come duemila anni fa.