Guerra

Netanyahu limiterà l'accesso alla Spianata agli arabo-israeliani: i rischi della mossa

Toccare il regime speciale della Spianata delle Moschee è stata da sempre una scelta foriera di caos e morte in quel di Gerusalemme. Il consiglio inascoltato di Idf e Shin Bet: una tale mossa potrebbe infiammare ulteriormente la situazione

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La spianata delle Moschee torna a essere al centro degli scontri politici in Medio Oriente, sia dentro che fuori il Parlamento israeliano. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha, infatti, accettato la richiesta del ministro della Sicurezza nazionale e leader di estrema destra Itamar Ben Gvir di limitare l'accesso degli arabo-israeliani alla Spianata delle Moschee (il Monte del Tempio per gli ebrei) a Gerusalemme durante il Ramadan, nonostante il parere contrario dello Shin Bet.

L'opposizione di Gallant e Gantz alla decisione di Netanyahu sulla Spianata delle Moschee

L'intelligence interna ritiene che una tale mossa potrebbe infiammare ulteriormente la situazione, in particolare se applicata agli arabo-israeliani e a quelli con residenza permanente. Al contrario, la polizia sembra essere d'accordo con le limitazioni. Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz, invece, si sono opposti apertamente alla decisione del primo ministro di assecondare la richiesta di Ben Gvir. "Il primo ministro sta aggirando l'establishment della sicurezza e, a causa di ciò, commetteremo errori", avrebbe detto Gallant durante l'incontro, riferendosi alla contrarietà dello Shin Bet e dell'Idf. "Questa non è unità e non è un gabinetto. Non è così che lavoriamo", avrebbe reagito anche Gantz.

La complessa gestione della Spianata delle Moschee

Luogo sacro per ebrei e musulmani, la Spianata delle Moschee/Monte del Tempio è contesa dalla notte dei tempi, e la sua complessa gestione è una delle ragioni per cui la stessa Gerusalemme è territorio di competizione fra ebrei e musulmani. Da qui passa l'intera storia di questa martoriata terra, e le pretese sul suo territorio sintetizzano il dramma che sta alla base del conflitto israelo-palestinese. Qui sorge, infatti, la Moschea di al Aqsa, il terzo luogo santo dell'Islam. Ma qui ha anche sede la Cupola della Roccia, luogo santo per ebrei e musulmani: è infatti-a seconda dei casi-sia il luogo in cui Abramo stava per sacrificare il figlio Isacco, sia il luogo da cui Maometto ascese al cielo. Al di sotto della spianata, le rovine del tempio di Erode hanno, invece, come unico sopravvissuto il Muro del Pianto, sacro agli ebrei. Città tre volte santa, Gerusalemme ha posto il problema della spartizione dei luoghi santi dalla notte dei tempi: era appena il 1915 quando si iniziò-finalmente- a parlare di internazionalizzazione e di extraterritorialità, tentativi spazzati via dallo scoppio del primo conflitto arabo-israeliano dopo il 1948.

A partire dal 1967, alla fine della guerra dei Sei giorni, il Parlamento israeliano approvò la legge "sulla libertà dei luoghi santi" che ha, de jure, affidato la sicurezza della spianata a Israele, garantendo uno status quo che concede ai custodi del cosiddetto "Waqf " l'autorità musulmana sulle questioni religiose, fungendo da "protettori" dell'Islam in questa porzioncina di Gerusalemme. L'accordo ha dunque concesso la Spianata alla preghiera dei fedeli musulmani, lasciando agli ebrei la possibilità di pregare esclusivamente presso il muro del Pianto. Facile intuire perché proprio il mese del Ramadan sia il più esposto alle frizioni tra ebrei e musulmani, che qui si trovano a convivere e pregare in una minuscola striscia di terra. Il controllo di polizia in mano alle forze di Tel Avv, tuttavia, ha spesso permesso allo stato ebraico di controllare anche alcune vicende religiose della controparte, impedendo, ad esempio, l'accesso agli under 40 alla Spianata, al fine di evitare l'assembrarsi di potenziali arruffapopoli o terroristi.

Perché la Spianata delle Moschee può accendere ulteriori tensioni

In questa ricostruzione, non va dimenticato che proprio una provocazione accese quella che oggi è nota come "seconda Intifadah". Era il 28 settembre del 2000 quando l'allora capo del Likud Ariel Sharon svolse una provocatoria passeggiata lungo la Spianata, accompagnato da una delegazioni politica e numerosi agenti in tenuta antisommossa. Un tipico casus belli che in realtà, al di là della provocazione, era figlio della stagnazione del processo di pace dei sette anni precedenti, che aveva visto fallire prima gli accordi di Oslo e poi quelli di Camp David. Alla luce di tutto ciò è facile comprender perchè le forze di sicurezza e l'intelligence non vedano di buon occhio la mossa di Netanyahu, in un momento gravissimo della storia della nazione e dell'area.

Il rischio è quello di infiammare ulteriormente di animi e la controparte palestinese, in una fase in cui si cerca ancora di trovare la quadra su cessate-il-fuoco e ostaggi.

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