Perché non c’è stata contaminazione radioattiva dopo i bombardamenti Usa in Iran

L’assenza di dispersioni di ogni genere si spiegherebbe con l’evacuazione preventiva dei siti e la natura degli impianti colpiti

Perché non c’è stata contaminazione radioattiva dopo i bombardamenti Usa in Iran
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Nella notte appena trascorsa, gli Stati Uniti hanno colpito tre impianti strategici del programma nucleare iraniano: Fordow, Natanz e Isfahan. Nonostante la portata dell’attacco, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha dichiarato di non aver rilevato significativi aumenti di radiazioni al di fuori dei siti colpiti. "Non sono state segnalate radiazioni intorno ai siti nucleari dopo l'attacco statunitense di questa mattina", conferma il portavoce dell'agenzia statale iraniana per l'energia atomica, Behrouz Kamalvandi.Una conclusione che ha sollevato numerosi interrogativi.

Secondo Teheran, i danni sono stati contenuti, specialmente a Fordow, negando che gli impianti siano stati “cancellati dalla faccia della Terra”, come invece affermato da Washington. Le autorità iraniane stanno cercando di ridimensionare l’impatto degli attacchi statunitensi, ma l’Organizzazione iraniana per l’energia atomica ha poi confermato l’assenza di dispersione radioattiva e ha rassicurato sull’incolumità degli abitanti delle aree circostanti.

Anche la televisione di Stato ha contribuito a rafforzare il messaggio, spiegando he i tre siti nucleari erano stati evacuati preventivamente e che le scorte di uranio arricchito erano già state trasferite in località sicure. Un elemento chiave, dunque, è il possibile sgombero preventivo dei siti. Tra il 19 e il 20 giugno, immagini satellitari di Maxar Technologies hanno mostrato movimenti anomali attorno agli impianti: camion, mezzi pesanti ed escavatori in attività presso Fordow, Natanz e Isfahan. Secondo l’agenzia iraniana Mehr, l’uranio arricchito sarebbe stato trasferito in luoghi sicuri in previsione dell’attacco. Del resto, è impossibile immaginare che Teheran-disponendo di ben una settimana dall’inizio della nuova escalation-non abbia optato per nessuna operazione di messa in sicurezza, almeno parziale.

Danni Fordow

Sempre grazie alle stesse immagini satellitari, diffuse nelle ultime ore, solo alcune ipotesi possono essere fatte circa l'impinto di Fordow. Le immagini mostrano i possibili punti di ingresso delle bombe e il possibile cedimento del sito in seguito agli attacchi notturni degli Stati Uniti.

Cosa c’è di vero? È una narrazione che riflette lo scontro informativo tra le due parti, con dichiarazioni difficili da verificare in modo indipendente.
L’AIEA, da parte sua, ha specificato che almeno nel sito di Isfahan, gli attacchi hanno colpito edifici che non contenevano materiale nucleare oppure solo piccole quantità di uranio naturale o a basso arricchimento. Il rischio di contaminazione, dunque, sarebbe stato limitato alle strutture effettivamente colpite.

Ma non solo: va inoltre ricordato che un bombardamento su un impianto di arricchimento – a differenza di un reattore nucleare attivo – presenta rischi di contaminazione più contenuti. Il vero pericolo chimico deriva dall’UF6, l’esafluoruro di uranio, che può reagire con il vapore acqueo nell’aria generando sostanze tossiche. Tuttavia, la natura sotterranea di strutture come Fordow e le condizioni meteorologiche del momento (in particolare la presenza o meno di venti, il tasso di umidità dell'aria) influenzano fortemente la possibilità di dispersione.

A questo, si aggiunge un dettaglio legato alla struttura stessa: gran parte del materiale sensibile in impianti simili viene di norma “sepolto” sotto strati di cemento, terra e roccia, ulteriore fattore di contenimento in caso di attacco.

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