Pressing Usa su Netanyahu per far uscire i 200 miliziani dai tunnel

Il premier israeliano riceve Witkoff e Kushner: "Faremo rispettare la tregua con il pugno di ferro"

Pressing Usa su Netanyahu per far uscire i 200 miliziani dai tunnel
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Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato ieri l'inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff, e il genero del presidente Donald Trump, Jared Kushner. Questo nuovo viaggio dimostra come gli Stati Uniti vogliano che si vada avanti nel processo di stabilizzazione della Striscia e nel passaggio alla fase due che prevede proprio lo schieramento di una forza internazionale. «Hanno discusso della prima fase, in cui ci troviamo - ha precisato la portavoce di Netanyahu Shosh Bedrosian - volta a riportare a casa i nostri ostaggi rimasti, nonché del futuro della seconda di questo piano, che comprende il disarmo di Hamas, la smilitarizzazione di Gaza e la garanzia che il gruppo islamista non avrà mai più alcun ruolo da svolgere nel futuro della Striscia». Bedrosian ha poi spiegato: «La seconda fase include anche l'istituzione di una forza internazionale di stabilizzazione, i cui dettagli sono, ovviamente, ancora in fase di discussione». Entrato in vigore il 10 ottobre sotto la pressione degli Stati Uniti, il cessate il fuoco ha permesso di ridurre le violenze nell'enclave, di liberare i prigionieri palestinesi e quasi tutti gli ostaggi israeliani. Ma Israele è stato chiaro, non vuole la partecipazione della Turchia. Netanyahu ieri ha anche ribadito: «La guerra non è finita», faremo rispettare gli accordi «con il pugno di ferro». Intanto Tel Aviv fa sapere di aver ucciso «due terroristi» nel sud di Gaza.

Gli Emirati Arabi, invece, da parte loro dicono che al momento non intendono prendere parte alla forza di stabilizzazione, fino a quando il quadro non sarà più chiaro. A un mese dall'inizio della tregua la situazione a Gaza resta caotica. La popolazione ha bisogno di un riparo in previsione dell'arrivo dell'inverno, e una distribuzione più capillare degli aiuti alimentari. Tel Aviv ieri ha restituito alle autorità della Striscia le salme di altri 15 palestinesi, in cambio dei resti dell'ufficiale israeliano tenente Hadar Goldin, ucciso nella guerra di Gaza del 2014. Sale così a 315 il numero dei corpi riportati nella Striscia nell'ambito dell'intesa che prevede la restituzione di 15 salme per ogni ostaggio. Secondo Israele, nell'enclave restano ancora i corpi di quattro prigionieri.

La diplomazia di Washington, però, va avanti anche su un altro dossier. «C'è una forte pressione da parte degli Stati Uniti» per sbloccare la crisi dei circa 200 miliziani di Hamas intrappolati nei tunnel a Rafah. Una delle soluzioni proposte prevede che i combattenti si arrendano e depongano le armi in cambio dell'amnistia o dell'esilio all'estero, mentre i tunnel in cui si trovano saranno distrutti.

Nel frattempo il fronte con il Libano si surriscalda.

L'esercito israeliano riferisce di aver colpito nelle ultime ore infrastrutture terroristiche di Hezbollah nella valle della Bekaa e nel sud. In precedenza Tel Aviv aveva preso di mira un'auto nella zona di Sidone che aveva causato un morto.

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