Un passo piccolo, ma comunque in avanti. E non è cosa da poco. «C'è ancora da fare ma i colloqui sono stati produttivi», ha detto il segretario di Stato americano Marco Rubio. «Un successo», arriva a dire il capo negoziatore ucraino Rustem Umerov. Un passo in avanti, dunque, alla fine del round di colloqui tra la delegazione americana e quella di Kiev per cercare una soluzione che porti alla fine della guerra in Ucraina. Da una parte Rubio, il discusso inviato di Trump Steve Witkoff e il genere del presidente Jared Kushner. Dall'altra gli emissari di Kiev guidati da Umerov, che all'ultimo ha preso il posto di Andriy Yermak, coinvolto nella scandalo corruzione che ha colpito Kiev. «Colloqui tosti ma costruttivi» quelli di Miami, secondo le indiscrezioni che filtrano tra una proposta, una frenata, e una richiesta di garanzie.
Alcune delle «questioni più delicate» che durante i colloqui di Ginevra avevano fatto saltare il banco sono state affrontate apertamente. Dalle concessioni territoriali che l'Ucraina potrebbe fare alla Russia, fino alle garanzie di sicurezza per Kiev, passando per nuove elezioni in Ucraina. «Non si tratta solo dei termini che porranno fine ai combattimenti, si tratta anche dei termini che garantiranno all'Ucraina una prosperità a lungo termine. Penso che oggi abbiamo fatto un passo avanti in questa direzione, ma c'è ancora molto lavoro da fare», sentenzia Marco Rubio, colui che sembra essere riuscito a convincere Trump ad adottare una posizione più severa verso Mosca dopo le continue provocazioni di Putin. «Il nostro obiettivo è un'Ucraina prospera a forte. Abbiamo discusso di tutte le questioni importanti per l'Ucraina. E dagli Usa abbiamo un super sostegno», ha ribadito Umerov.
Un alto funzionario americano aveva comunque rivelato che «gli ucraini sanno cosa Washington si aspetta da loro. Trump ha avvertito che avrebbe incontrato Zelensky e Putin solo quando le parti fossero arrivate ad un accordo». Ed è per questo motivo che un'altra fonte ha aggiunto che «la ricerca di formulazioni e soluzioni continua». Quanta parte di territori sia disposta a perdere e quali garanzie abbia per evitare una nuova invasione sono infatti da tempo i punti chiave per Kiev. Vogliamo «garanzie affidabili e a lungo termine», ha sottolineato Umerov. «Washington vuole porre fine al conflitto e creare un meccanismo che consenta all'Ucraina di essere indipendente e sovrana, di non avere mai più un'altra guerra», ha confermato Rubio. Ma questo non significa che il percorso negoziale sarà in discesa.
Nei prossimi giorni l'emissario di Trump Witkoff, nella bufera per le sue posizioni troppo filo Mosca palesate da alcuni dialoghi telefonici con la controparte, incontrerà nuovamente Putin. L'obiettivo è costringerlo a un negoziato reale, anche se dopo che gli ucraini sono riusciti ad ottenere delle modifiche al piano in 28 punti (motivo delle critiche a Witkoff che lo avrebbe solo tradotto), lo Zar ha già frenato sulla volontà di scendere a compromessi. In questo senso, la voce di Trump potrà (e dovrà) essere certamente molto più persuasiva di quella di Witkoff.
Nel frattempo Zelensky, dopo l'ennesimo attacco russo sul suo Paese, ha sentito anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, auspicando una «comprensione condivisa delle questioni chiave» e ricevendo il sostegno di Bruxelles. Con la solita voce stonata del leader ungherese Viktor Orbán che ha proposto per l'Ucraina un futuro da «stato cuscinetto», sposando di fatto, per l'ennesima volta, le posizioni russe nella loro totalità.
Tanto che il presidente polacco Karol Nawrocki, ha cancellato il previsto incontro con Orbán dopo il faccia a faccia del leader ungherese con Putin non concordato con gli alleati europei. Ma intanto, si tratta. E si fanno passi in avanti. Piccoli, forse, ma comunque importanti.