In uno dei luoghi più simbolici della Russia, la Piazza Rossa, un gesto estremo ha portato alla luce una crisi profonda e poco visibile all’interno dell’apparato militare-industriale del Paese. Nel luglio 2024, Vladimir Arsenyev, 75 anni, scienziato e direttore di un istituto di ricerca che produce componenti per le comunicazioni dei mezzi corazzati russi, si era cosparso di benzina, dandosi fuoco davanti al mausoleo di Lenin, in un atto di protesta senza precedenti per un dirigente del settore della difesa. Il suo getso, tuttavia, era passato in sordina nel resto del mondo. Una storia sulla quale, però, torna Reuters in queste ore.
Arsenyev è sopravvissuto, ma ha riportato gravi ustioni ed è stato ricoverato per settimane. In seguito ha spiegato che il gesto è stato il risultato di pressioni insostenibili legate ai contratti statali con il ministero della Difesa, aumentate drasticamente dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. Secondo quanto emerso dalle sue dichiarazioni e da documenti giudiziari, l’azienda guidata da Arsenyev era stata travolta da ordini in forte crescita, scadenze irrealistiche e prezzi fissati unilateralmente dallo Stato, senza adeguamenti ai costi di produzione. Questo ha portato a debiti fiscali, difficoltà nel pagamento degli stipendi e a una serie di ispezioni e procedimenti amministrativi che hanno aggravato ulteriormente la situazione finanziaria.
Ciò è dovuto in parte al fatto che l'azienda di Arsenyev non avrebbe fornito i componenti quando avrebbe dovuto, un'accusa che egli nega. Dal rapporto delle autorità russe non è chiaro quanto fossero grandi gli ordini o quanto tempo siano stati ritardati. Arsenyev ha affermato che una disputa con il governo sul prezzo dei componenti ha lasciato l'azienda a corto di fondi. I suoi conti sono stati poi congelati per mancato pagamento delle tasse. Gli stipendi non furono pagati, generando un corollario di cause legali infinite, spingendo l'uomo sull'orlo della bancarotta.
Il caso Arsenyev si inserisce in un contesto più ampio di tensioni interne al complesso militare-industriale russo. Dall’inizio della guerra contro l’Ucraina, decine di dirigenti del settore della difesa sono stati perseguiti penalmente per presunte irregolarità nell’esecuzione dei contratti statali. Le leggi introdotte o rafforzate dopo il 2022 prevedono pene severe, fino a dieci anni di carcere, per ritardi o inadempienze nella fornitura di materiali militari.
Nonostante la drammaticità del gesto, la reazione ufficiale delle autorità è stata limitata. Un tribunale ha inflitto ad Arsenyev una multa per aver organizzato una manifestazione non autorizzata in un’area sensibile, senza riconoscere alcun valore politico o simbolico alla protesta. Dopo la degenza ospedaliera, l’ingegnere è tornato al lavoro nel tentativo di mantenere in vita l’istituto che dirige.
Il contrasto tra la severità delle pressioni statali e la freddezza della risposta istituzionale evidenzia un paradosso centrale dell’economia russa in tempo di guerra: la priorità assoluta data alla produzione militare convive con un sistema che scarica rischi e responsabilità quasi interamente sui dirigenti industriali, anche quando le condizioni operative sono imposte dall’alto.
Le difficoltà di Arsenyev non sono un caso isolato, come ha scoperto un'analisi delle sentenze dei tribunali di Mosca condotta da Reuters. Secondo i documenti pubblicati sul sito web dei tribunali di Mosca, dall'inizio della guerra in Ucraina, almeno 34 persone sono state incriminate per aver violato gli ordini di difesa dello Stato. Tra queste, almeno 11 dirigenti aziendali e due alti funzionari.
Il tono del rapporto del Cremlino con i produttori è legato ai diktat di Dmitry Medvedev, ex presidente russo che sostituisce Putin alla presidenza della Commissione militare-industriale, l'organismo che supervisiona l'industria della difesa. In un incontro con i leader del settore nel marzo 2023, lesse un telegramma di Stalin risalente alla Seconda Guerra Mondiale, in cui si affermava che un produttore che non avesse consegnato le armi in tempo sarebbe stato "schiacciato come un criminale". Alla base della minaccia di Medvedev c'è una legge del 2017 che rende reato – punibile fino a 10 anni di carcere – la violazione di un contratto di difesa per perseguire un tornaconto personale.
Nel settembre 2022, la legge è stata modificata per ampliare l'elenco dei comportamenti illeciti perseguibili. Ora include il rifiuto di firmare un contratto di difesa o l'incapacità di rispettarlo, senza, in determinate circostanze, dover dimostrare che gli imputati persegussero un tornaconto personale.