Da Trump aiuti ma senza truppe

L'isolazionismo americano è una forza molto più potente di quanto chiunque in Europa sia disposto a riconoscere

Da Trump aiuti ma senza truppe

Non appena Donald Trump ha reagito alla guerra aperta tra Iran e Israele dichiarando che non avrebbe permesso all'Iran alcun arricchimento dell'uranio, si sono levate forti proteste non solo dalla sinistra pacifista, ma anche da una parte consistente dei suoi stessi sostenitori. Questi ultimi sono stati subito accusati di essere «isolazionisti», evocando la coalizione di sinistra e destra del Congresso che riuscì a opporsi al riarmo degli Stati Uniti anche dopo la conquista dell'Europa occidentale da parte della Germania nel 1940 e persino dopo che le truppe tedesche avevano raggiunto la periferia di Mosca nel 1941, all'apparenza sul punto di ottenere una vittoria che avrebbe presto fornito alla Germania tutto il petrolio necessario per conquistare la Gran Bretagna assediata. Troppo spesso si dimentica che gli isolazionisti vinsero nettamente il dibattito, cosicché l'Europa potrebbe essere ancora oggi sotto il dominio nazista, se il Giappone non avesse sconfitto le posizioni favorevoli all'isolamento attaccando Pearl Harbor.

L'isolazionismo americano è una forza molto più potente di quanto chiunque in Europa sia disposto a riconoscere. Tra le sue fila figura una frangia di antisemiti che include il commentatore televisivo Tucker Carlson, insolitamente articolato e più in evidenza in questi giorni perché l'Iran è il nemico potenziale e Israele l'alleato.

Ma le sue radici non derivano da vecchi odi, come nel caso degli isolazionisti dell'epoca tra le due guerre, con i loro anglofobi irlandesi e i tedeschi-americani che erano stati perseguitati durante la prima guerra mondiale, e molti dei quali erano entusiasti delle vittorie naziste culminate con la conquista della Francia.

Questa volta l'isolazionismo è alimentato da una valutazione perfettamente realistica delle guerre americane in Indocina, in Afghanistan dopo il 2001 e in Iraq dal 2003. Ciascuna di queste guerre, che hanno aggiunto trilioni al debito pubblico e sono costate la vita o la salute di molti americani, è iniziata a causa di un colossale e imperdonabile incapacità dei servizi segreti.

Il presidente Kennedy decise di combattere in Vietnam per impedire il controllo cinese sull'Indocina, selezionando personalmente i nuovi manuali operativi dell'esercito sulla guerra nella giungla. Ma se avesse letto qualche pagina sulla storia del Vietnam, avrebbe immediatamente capito che l'identità stessa dei vietnamiti era emersa in opposizione all'espansionismo cinese, cosicché il modo migliore per tenere l'influenza cinese fuori dall'Indocina era inviare armi ad Hanoi. Questo è esattamente ciò che fece il presidente Truman nel 1948, quando ordinò che denaro, rifornimenti e armi fossero inviati al dittatore comunista Tito, che, pur essendo comunista, aveva deciso di tenere l'esercito sovietico di Stalin fuori dalla sua Jugoslavia. Al contrario molti americani furono uccisi o mutilati per combattere contro la nazione più anti-cinese della terra. All'inizio le informazioni di intelligence sul Vietnam erano scarse, e rimase così fino alla fine della guerra, perché capire i paesi stranieri non sembra essere un talento degli Usa, mentre la costosissima «Intelligence Community» di Washington non ci prova nemmeno: gli agenti della Cia sono i più preparati, eppure si rifiutano categoricamente di imparare le lingue straniere, tranne forse lo spagnolo da bar (anche Michael Scheuer, capo dell'unità della Cia dedicata a Osama Bin Laden dal 1996 al 1999, all'inizio non sapeva l'arabo e si rifiutava di impararlo. Lo stesso vale per il suo vice).

Pochi tra gli isolazionisti di oggi sono veterani del Vietnam il più giovane potrebbe avere 68 anni ma sono molti quelli che hanno imparato in Afghanistan e Iraq quanto sia saggio non combattere guerre straniere, compreso il vicepresidente Vance, che ha prestato servizio in Iraq.

L'ingresso dell'America in Afghanistan il 7 ottobre 2001 è iniziato come una risposta del tutto necessaria e davvero inevitabile all'attacco dell'11 settembre a New York da parte dei terroristi di Osama Bin Laden con base in Afghanistan. Poiché avevo progettato io stesso il Comando Addestramento e Pianificazione dell'esercito americano e il formato di fanteria leggera rappresentata dalla 10a Divisione di montagna che da subito si unì alle forze speciali dei «Berretti Verdi» in Afghanistan, avevo visitato il Paese come nessun altro al Pentagono e godevo anche di un'amicizia personale con il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. Per questo conoscevo perfettamente il piano che il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale dell'Aeronautica Richard Bowman Myers, al suo quinto giorno di lavoro, accettò senza discutere. Meno di 3.000 soldati statunitensi avrebbero raggiunto gli afghani che ancora resistevano a nord di Kabul per attaccare congiuntamente i talebani, in modo che questi ultimi radunassero i loro uomini, che sarebbero poi stati fatti a pezzi dai bombardieri pesanti B-52.

Dopo aver ripetuto l'operazione alcune volte, le truppe statunitensi si sarebbero recate nei campi conosciuti di Al Qaeda per uccidere chiunque. Dopodiché, tutte le truppe statunitensi sarebbero tornate a casa. Se qualcuno avesse detto a Donald Rumsfeld che le forze statunitensi sarebbero rimaste in Afghanistan fino al 21 agosto 2021, sarebbe inorridito.

Invece, sotto i diversi successori di Rumsfeld, gli Stati Uniti sono rimasti per una «ricostruzione nazionale» del tutto inutile, dopo aver fornito all'Afghanistan una costituzione ultramoderna con una quota femminile in parlamento superiore alla presenza femminile nella Camera dei Comuni britannica o nella Camera dei Rappresentanti Usa. Ciò ha fornito ai talebani un argomento molto forte: pochissimi afghani, uomini o donne, pensavano o pensano che le donne debbano parlare in pubblico, figuriamoci discutere di politica con gli uomini.

Quando i militari americani, generali compresi, hanno chiesto miliardi di dollari per un esercito «afghano», mi sono opposto con forza a questo stupido spreco di denaro: ho ricordato a più di un generale che le truppe dell'esercito britannico in India erano famose per essere organizzate in reggimenti etnico-religiosi, perché tutti i soldati combattono gli uni per gli altri prima di combattere contro il nemico, e nessun soldato rischierebbe la vita per degli estranei. Al contrario, l'esercito afghano finanziato dagli Stati Uniti, con 180.000 uomini al suo apice, ha riunito etnie diverse senza una lingua comune, compresi nemici ereditari. Come ovvio, non hanno praticamente mai alzato le armi contro i talebani prima di consegnare le armi e le munizioni e arrendersi senza un giorno di combattimenti nel 2021. Nel corso degli anni, però, 714 addestratori americani e della Nato e altri soldati sono stati uccisi dagli stessi soldati afghani che stavano addestrando . Ogni altro settore dello Stato afghano, costruito con i fondi statunitensi, dalle scuole ai tribunali, era anch'esso fatalmente marcio, cosicché tutto ciò che resta dei 2.300 miliardi di dollari spesi fino alla fuga precipitosa di Biden nel 2021 sono i conti bancari a Dubai degli afghani che hanno abilmente sottratto fondi per sé stessi o semplicemente li hanno rubati se erano in condizione di farlo. Per tutto questo molti americani sono morti o rimasti mutilati a vita.

Quanto alla guerra in Iraq del 2003, combattuta per rovesciare la dittatura di Saddam Hussein e consentire la nascita della democrazia, essa è stata oggetto di ampie discussioni, comprese alcune audizioni davanti alla commissione Esteri del Senato, presieduta dal futuro presidente Biden. In una sessione fui chiamato anch'io a esprimere la mia opinione insieme a un rappresentante dell'amministrazione. Nelle mie dichiarazioni, ancora online, sostenni che, sebbene Saddam Hussein non fosse certo un uomo mite, la sua dittatura, per quanto crudele, salvava vite ogni giorno, impedendo ai curdi aderenti al movimento di Masud Barzani e ai curdi talebani di uccidersi a vicenda, impedendo ai curdi nel loro insieme di uccidere i loro vicini turkmeni, impedendo ai curdi e ai turkmeni di uccidere i loro vicini arabi sunniti e viceversa, e impedendo ai sunniti di uccidere gli sciiti e viceversa.

Il rappresentante dell'amministrazione, un veemente sostenitore dell'invasione, mi accusò subito di razzismo, perché avevo chiaramente insinuato che gli iracheni fossero inadatti alla democrazia, diritto di ogni essere umano. Continuò dicendo che avevo torto su due fronti perché gli iracheni erano il popolo più istruito di tutti gli arabi e contavano non meno di 100.000 ingegneri (quando suggerii che una laurea all'università di Baghdad poteva essere ottenuta per 50 dollari, cornice inclusa, ho solo peggiorato le cose).

Ancora una volta, come nel caso del Vietnam e dell'Afghanistan, il direttore della Cia non riuscì a preparare un singolo studio politico sull'Iraq che spiegasse perché l'emergere di una democrazia funzionante non potesse avvenire spontaneamente una volta rimosso Saddam Hussein, ma dovesse richiedere molti anni e vasti sforzi educativi.

Non utilizzò nemmeno l'argomento più semplice secondo cui la distruzione delle forze di Saddam Hussein avrebbe permesso all'Iran degli ayatollah, ferocemente anti-americano, di estendere la sua influenza in Iraq, a meno che l'esercito statunitense non fosse diventato una forza di polizia mesopotamica per contenere l'influenza iraniana.

Un soldato americano che ha prestato servizio in Iraq e ha quindi imparato per esperienza personale come gli americani sono stati mandati a combattere e morire senza uno scopo è il vicepresidente Vance, che ha collocato diversi funzionari che la pensano come lui in posizioni chiave.

Ecco perché l'intenzione di Trump di aggiungere alcune sortite di bombardieri pesanti forse solo tre alla guerra di Israele, al fine di denuclearizzare l'Iran, è così ferocemente osteggiata da molti dei suoi più fedeli sostenitori: non gli credono, o forse gli credono, ma temono ciò che il Pentagono e la comunità dei servizi segreti, ancora completamente all'oscuro di ciò che potrà accadere, faranno con i suoi piani di attacco notturno.

Temono che dopo i bombardamenti ci saranno altri combattimenti e persino richieste di trilioni di dollari destinati a riparare i danni per la «ricostruzione della nazione». I loro padri furono mandati in Vietnam dalla patetica ignoranza di Washington che scambiò i naturali alleati degli Stati Uniti per sudditi obbedienti dei cinesi, loro stessi prestarono servizio nell'assoluta futilità dell'Afghanistan sotto generali con dottorati di ricerca ma senza alcun buon senso (Petraeus parlava solennemente del «Sacro Corano») e alcuni furono mandati a portare la democrazia proprio in Iraq.

La maggior parte dell'opinione pubblica capisce che gli israeliani sono alleati che combattono per la propria vita, non vietnamiti, afghani e iracheni che cercano di ottenere il massimo dagli americani, e la maggior parte della gente sa che gli israeliani non vorranno mai che gli americani combattano per loro, se non con qualche equipaggio di bombardieri per una notte. Ma dopo anni di bugie, di ottimismo sciocco da parte di generali entusiasti e ignoranti e di politici irresponsabili, sono determinati a non farsi ingannare di nuovo.

Ci vorrà quindi una decisione ferma da parte di Trump per porre fine alla guerra, con la distruzione del complesso sotterraneo di centrifughe e assemblaggio di armi di Fordow, l'unica cosa che gli israeliani non possono fare da soli senza rischiare centinaia di commandos molto lontani da casa. Trump stesso dovrebbe escludere qualsiasi tentativo di cambio di regime, per non parlare della ricostruzione della nazione. I bombardieri non possono fare nessuna delle due cose.

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