Guidorizzi, il Gesù di un agnostico

Piera Detassis, direttore di Ciak e critico cinematografico di Panorama, ha dichiarato a un mensile, bontà sua, d’aver «imparato tutto grazie a un implacabile caporedattore-tagliatore, Stefano Lorenzetto». A mia volta posso dire che non avrei mai imparato quant’è brava Piera se non me l’avesse presentata il professor Mario Guidorizzi, docente di storia e critica del cinema all’Università di Verona, che quasi trent’anni fa si offrì di spartire con lei l’angusto spazio delle recensioni su un piccolo settimanale di provincia.
Dopo tante opere dedicate alla settima arte - formidabile Il mito di Hollywood in due volumi sui film americani dal ’30 al ’60, periodo aureo oltre il quale il critico veronese ritiene che i registi non abbiano espresso alcunché degno di memoria - ho ritrovato intatta la magnanimità di Guidorizzi nel più sorprendente dei suoi libri, L’uomo allo specchio (Cierre edizioni, pagg. 172, euro 10), in cui l’«agnostico, quasi ateo» s’interroga sul senso dell’esistere e scopre di poter rispondere a tutte le domande della vita con un’altra domanda: «E Gesù, cosa direbbe?». Lo stupore laico per «il divino che c’è in noi» è simmetrico all’etica virile che promana dal cult movie dell’autore, La leggenda di Robin Hood (1938), non a caso citato nell’incipit: «Riccardo Cuor di Leone: “Ce l’avete con il principe Giovanni?”.

Robin Hood: “No, ce l’ho con Riccardo, che doveva stare a casa a difendere il suo popolo invece di andare lontano a combattere in terra straniera!”. Riccardo: “Cosa, condannate le sacre crociate?”. Robin: “No, io condanno soltanto chi affida il compito di difendere il suo trono a uomini come me!”».

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