Gwyneth: «Sono un fumetto leale»

L’attrice recita al fianco di Robert Downey jr. in «Iron Man», dal primo maggio nelle sale

da Roma

È platinata (sarebbe castana), ma tutt’altro che oca. Scivola, non cammina, su tacchi vertiginosi, che la fanno avanzare flessuosa come un giunco, lei vegetariana. È così fedele al suo capo, da non esitare a buttargli la spazzatura, né si tira indietro se deve infilargli le mani nel cuore robotico, per sistemare un nuovo aggeggio pulsante nel petto di lui. E pare emersa da un fumetto Gwyneth Paltrow, l’elegante attrice californiana, che a ventisei anni vinse l’Oscar per Shakespeare in Love e che ora gioca la carta Marvel (editrice di Spider Man e X-Men), apparendo al fianco di Robert Downey jr. nello spettacolare Iron Man di Jon Favreau (dal primo maggio nelle sale). Dicono sia il sogno dei designer, Gwinnie, tant’è stilizzato persino il suo pancino da magra, che però, avendo partorito Apple e Moses, un minimo di cedimento femminile lo mostra. Stavolta il pubblico l’apprezzerà nel curioso personaggio di Pepper Potts, assistente del costruttore di armi Tony Stark (Downey jr.), uno che vuole essere rispettato e temuto, ma che finirà col cedere all’amore. Per il suo prossimo e per la bella factotum, naturalmente cotta di lui, persino quando il geniale spaccone dice: «Il giorno in cui non serviranno più armi, costruirò ospedali per bambini».
Ieri la figlia del regista e produttore Bruce Paltrow, ebreo russo ashkenazita morto di recente a Roma, e dell’attrice anglosassone Blythe Danner, appariva rilassata, nel tubino nero di jersey con maliziosa scollatura dorsale.
Dopo vari ruoli da amante sfortunata, vedi Sliding Doors, eccola in un personaggio più solido, quasi una donna d’altri tempi, ma con uso di robot. Chi è, veramente, la sua Pepper Potts?
«È la coscienza di Tony: fedele, leale, generosa, pronta a mettersi in discussione. Non esprime mai giudizi, ma cerca d’essere di supporto al suo compagno. Tra un uomo e una donna, credo sia questa la cosa più importante».
In base a quali criteri sceglie i film da interpretare?
«Innanzitutto penso ai miei due bambini piccoli: non voglio perdermi un solo istante del loro periodo magico. Certo, mai vorrei perdere il mio lato artistico, ma devo sempre cercare l’equilibrio tra queste mie passioni: i figli e il cinema».
Lei stessa ha molto parlato della sua depressione post-partum, dopo la nascita di Moses. Come ha superato quel brutto momento?
«Mi sono rimessa in piedi da sola. Ho ripreso a fare yoga, a uscire normalmente. Molte donne si sentono isolate, quando attraversano questo tipo di depressione: anch’io mi sentivo così. Ma poi ho riportato tutto alla normalità e adesso mi trovo in equilibrio con me stessa».
Forse c’è troppa pressione sulle celebrità, spinte, come lei lo è, a fare da testimonial a prodotti di bellezza per le donne?
«Come tutte le celebrità, devo proteggere la mia vita privata e sì, sento molta pressione intorno a me. Da attrice, ho l’obbligo di mostrarmi al mondo, al mio meglio, rimanendo sincera. Ma negoziare la propria privacy è complicato».


È per desiderio di privacy che vive a Londra, come Madonna, la sua amica popstar?
«Ho imparato che la vita è breve e preziosa: cerco l’armonia. In Inghilterra la gente non parla di soldi e di lavoro, come avviene negli Usa. La psicologia americana è “non ho abbastanza”, “non sono abbastanza” e a me non piace».

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