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«Ha rovinato Washington» In prigione il re dei graffiti

È un ragazzo di 18 anni: per mesi aveva «firmato» tutti i palazzi della città. È stato colto in flagrante

Borf scriveva e scappava. Di notte, lasciava la sua firma e il volto di un suo amico suicida. Poi fuggiva. Il giorno dopo lo stesso. Per mesi. Così Washington è stata tutta sua: dai ponti ai cartelli stradali, dai negozi a intere facciate di edifici. La firma accompagnata da messaggi anarchici («La proprietà è un furto») o anti maturità («Gli adulti sono obsoleti»). L’hanno preso giovedì e l’hanno sbattuto in prigione. Così l’America ha scoperto chi è il re dei graffiti, quello che per qualcuno ha deturpato delle proprietà, ma che per altri è stato il paladino contro il grigiore della vita quotidiana. Qualcuno l’ha tradito: la polizia ha arrestato all'alba l'artista cogliendolo sul fatto, grazie a una soffiata, mentre era impegnato in un altro dei suoi giganteschi ritratti di Borf. Il «re dei graffiti» ha 18 anni. Si chiama John Tsombikos e frequenta una scuola d'arte. Il volto che ha dipinto per tutta Washington, compresi i punti di maggiori traffico della città, è quello del suo più caro amico, che aveva appunto il nomignolo «Borf», morto suicida due anni fa. «Crescere significa arrendersi» è uno dei messaggi preferiti dell'artista.
I suoi graffiti erano diventati oggetto di dibattito a Washington, come i messaggi sibillini che spesso li accompagnavano. Centinaia di foto dei suoi graffiti erano finite su Internet e molti si interrogavano sui motivi e sulla identità dell'indiscusso «numero uno» della capitale in questo settore. Alcuni dei giganteschi graffiti, a diversi metri di altezza e in luoghi di accesso difficile, hanno richiesto ore e ore di lavoro e in molti si chiedevano come l'artista fosse sempre riuscito a farla franca considerando anche il fatto che numerose delle sue opere apparivano nei luoghi più centrali ed in vista di Washington.
Alcune immagini di Borf erano apparse in passato anche a New York e a San Francisco, dipinte da Tsombikos durante trasferte in autobus dalla capitale. La sua attività e popolarità ha fatto nascere anche degli imitatori. Scritte «Borf è gay» o «Borf odia Dio» (sul muro di una chiesa) sono state decisamente rinnegate dall'artista. Alcune settimane fa la polizia ha arrestato a Washington un uomo che stava scrivendo, in una rotonda centralissima della capitale, uno slogan anti-Borf. L'artista, che professa una filosofia anti-sistema, è rassegnato a vedere «cancellate» le sue opere dalle autorità. È stato incriminato per vandalismo contro proprietà pubbliche e private. «Borf è morto», ha detto alla polizia.

Una frase, come sempre, ambigua.

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