Controstorie

Haftar sembra fuori gioco ma ci sono altre minacce

Il generale che si proclama "duce" è all'angolo Parte la missione navale Ue che stizzisce Ankara

Haftar sembra fuori gioco ma ci sono altre minacce

«Il generale Haftar è indebolito, ma non sconfitto. Si paventa la spartizione, di fatto, del paese, fra la Cirenaica a Est e la Tripolitania a Ovest, ma c'è il nodo del controllo del forziere petrolifero. E questa situazione può far scoppiare una nuova guerra», spiega una fonte occidentale del Giornale a Tripoli. Khalifa Haftar l'uomo che volle farsi Raìs per il momento continua a bloccare gran parte dei pozzi facendo crollare la produzione a 80.510 barili al giorno rispetto alla potenzialità di 1.600.000. E da questa settimana parte la missione europea Irini, sotto comando italiano, per garantire l'embargo della armi. «È un mostrare la bandiera con poche navi e aerei - spiega al Giornale l'ex capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Mario Binelli Mantelli -. Ma sul piano politico c'è un grosso rischio di scontro fra la Grecia e la Turchia, che potrebbe sfociare anche in azioni militari se venisse fermato un carico di armi di Ankara diretto a Tripoli. E noi, che abbiamo la guida della missione, rischiamo la fine del vaso di coccio fra quelli di ferro».

Il 27 aprile Haftar, 76 anni suonati, ha giocato l'ennesima carta azzardata autoproclamandosi «duce» libico. «Ho accettato il mandato del popolo che mi ha chiamato a occuparmi della gestione degli affari del paese in questa circostanza eccezionale», ha annunciato in tv scatenando le reazioni di Tripoli, che grida al golpe, ma pure di gran parte del parlamento di Tobruk, l'unico realmente eletto, che gli forniva appoggio politico. Dalla capitale ancora assediata dall'esercito del generale fanno notare che «il risultato è stato attivare contatti fra Est e Ovest per fermare Haftar. E anche a livello internazionale le reazioni sono negative, compresa la bocciatura dei russi e dei francesi suoi alleati».

Il maresciallo Raìs ha subito sparigliato le carte proponendo una tregua per il Ramadan, il mese di digiuno islamico. I precedenti stop alle ostilità sono tutti falliti miseramente e potrebbe essere solo un tentativo per prendere tempo. «Gli Emirati Arabi e l'Egitto continuano ad appoggiare Haftar - spiega la fonte da Tripoli -. E stanno arrivando nuovi carichi di armi e munizioni soprattutto emiratini per consolidare le posizioni attorno a Tripoli». Il governo di Fayez al Serraj teme che l'offerta della tregua sia un cavallo di Troia per evitare la disfatta. L'obiettivo è conquistare Tarhuna, l'ultima roccaforte a sud est della capitale che tiene in piedi l'assedio di Tripoli da un anno. La città è semi assediata, ma piuttosto che sferrare l'attacco e rischiare un bagno di sangue i governativi puntano a dividere le file di Haftar. L'area è controllata dalle milizie dei fratelli Al Kani, che un tempo stavano con Serraj. Fra loro molti ex seguaci di Gheddafi potrebbero cambiare bandiera.

Anche la grande base di aerea di Al Watiya, a sud ovest di Tripoli, da dove partivano gli attacchi dell'aviazione di Haftar, è praticamente neutralizzata con i governativi alle porte. Come si è arrivati a mettere Haftar con le spalle al muro? La svolta è arrivata nei giorni di Pasqua, quando i governativi hanno riconquistato tutta la costa delle Tripolitania fino alla Tunisia. «Non da soli: sono stati cruciali i droni prodotti dal genero di Erdogan e la presenza di consiglieri turchi nelle centrali operative dei governativi. Una nave di Ankara, davanti alla costa libica, ha anche lanciato due missili contro velivoli senza pilota di Haftar», spiega l'osservatore occidentale a Tripoli.

Non è un caso che il presidente del parlamento di Tobruk, Aguilah Saleh, abbia preso le distanze dall'uomo forte della Cirenaica proponendo una soluzione negoziale fondata su un nuovo Consiglio presidenziale formato dai rappresentanti delle tre regioni libiche. Saleh, leggendo dei fogli preparati dai russi, ai rappresentanti delle tribù ha spiegato che «la guerra passerà a un nuovo stadio. Gli F-16 turchi (caccia bombardieri nda) daranno la caccia ai convogli dell'Esercito nazionale libico (che assedia Tripoli guidato da Haftar nda) diretti a Tarhuna. La situazione è sull'orlo di un abisso».

Nei prossimi giorni salperà la missione navale Irini dell'Unione europea sotto l'egida dell'Onu per garantire l'embargo delle armi alla Libia. La mini flotta iniziale sarà composta da 3 navi di Italia, Grecia, Francia e altrettanti assetti aerei sotto il comando dell'ammiraglio Fabio Agostini, ma fra sei mesi passerà ai greci. «L'area di operazioni è la stessa della vecchia missione Sophia, il Mediterraneo centrale fra la Tunisia e l'Egitto», spiega una fonte qualificata del Giornale che conosce i dettagli. In Tripolitania, con l'avanzata dei governativi, sono appena tornati nelle città di Sabrata e Zhawia i vecchi boss del traffico dei migranti come El Gospi e Ahmed al-Dabbashi detto «Ammu» (lo zio). Grazie all'avallo dei turchi, il rischio è che riprendano le partenze dei migranti con i gommoni lanciati verso le poche navi della missione Ue, che deve monitorare pure le mosse dei trafficanti. «Se lo faranno, le prime navi che incontreranno sotto costa sono quelle militari di Ankara», risponde la fonte. Il governo di Tripoli è fermamente contrario alla missione Irini vista dai turchi come un tentativo greco e francese di intralciare l'appoggio militare a Serraj.

«Esiste il rischio che l'operazione sia percepita come anti turca sotto la bandiera europea - spiega la fonte - Come la possibilità di incidenti con i greci, che bisognerà evitare». Il rispetto dell'embargo riguarderà solo il mare.

«La copertura satellitare a disposizione permetterà di monitorare anche la via di rifornimento terrestre e aerea - osserva la fonte - Ma la missione Irini si limiterà a segnalare le violazioni e di fatto non potrà fare nulla».

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