Ventanni, ma non li dimostra. Ha vinto le elezioni, ha sconfitto Fatah, ha conquistato Gaza, ha condannato i suoi abitanti a fame e povertà, ma le promesse sono quelle di sempre. Nuove rivolte, nuovi attentati, nuove battaglie per conseguire quella distruzione dello stato dIsraele promessa fin dal celebre primo manifesto. A metterlo a punto, nel dicembre 1997, ci pensarono lo sceicco Ahmed Yassin, ucciso dagli israeliani nel 2004 e gli altri padri fondatori. Nel dicembre 1987 quando nasceva la prima Intifada, Hamas poteva contare soltanto di due pistole e su una decina di veri guerriglieri, ma sognava quanto va ripetendo ancora adesso. Lo ricorda da Damasco il capo supremo in esilio Khaled Meshaal: «La nostra gente è pronta a lanciare una terza e quarta Intifada». Stessa incrollabile fede anche negli slogan dei 300mila sostenitori che trasformano Gaza in un fiume di verdi bandiere e cancellano al loro passaggio qualsiasi ricordo dellantica egemonia di Fatah. «Chi continua a perseguire i diritti della propria gente e a considerare nemici Israele e lAmerica ripete a tutti loro lex premier Ismail Haniyeh - guadagna consensi e popolarità. Questo era e questo resta Hamas». Anche la possibilità di unimminente invasione israeliana diventa terreno di sfida: «Ebrei tornatevene indietro - ulula il dirigente Mushir al Masri - qui abbiamo già pronte le fosse per voi».
Ventanni dopo quelle due prime pistole sono infatti diventate una gigantesca milizia rifornita grazie alle migliaia di armi e alle tonnellate di esplosivo passate attraverso i tunnel scavati alla frontiera con lEgitto. Ed Hamas può finalmente vantare un vero e proprio esercito capace di mettere in difficoltà e impensierire anche linvincibile armata israeliana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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