Hariri si arrende a Hezbollah: «Rinuncio a formare un governo»

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Ci ha provato. Ma dieci settimane non gli sono bastate. Il premier libanese designato Saad al-Hariri rinuncia a formare un governo di unità nazionale con il gruppo d’opposizione, tra cui spicca il nome di Hezbollah. Il partito di Dio e i suoi alleati hanno continuato a fare ostruzionismo sulla lista di ministri proposta dal giovane premier, che infine ha gettato la spugna.
Il figlio dell’ex primo ministro assassinato, Rafiq Hariri, aveva consegnato lunedì la lista al presidente Michel Suleiman: su 30 dicasteri, dieci erano stati assegnati all’alleanza dell’opposizione, «8 Marzo», contro i 15 della coalizione di Hariri, «14 Marzo». Niente da fare. Ancora un niet. «Le condizioni poste dall’opposizione per un governo unitario contraddicono il risultato elettorale», spiega lo stesso Hariri. «Avevo promesso di formare un governo di unità nazionale e ho lavorato 73 giorni per questo - dichiara -. Quando il mio impegno si è trovato in un vicolo cieco, ho annunciato di voler rinunciare e spero che questa decisione sia nell’interesse del Libano e che consenta di rilanciare il dialogo».
I primi di giugno la formazione legata ad Hariri ha vinto le elezioni parlamentari, strappando una possibile presa di potere da parte del gruppo legato ad Hezbollah. Il 27 giugno Suleiman ha affidato al figlio dell’ex primo ministro anti-siriano il compito di costituire un nuovo governo. Hariri ha promesso subito di includere nell’esecutivo anche membri dell’opposizione, che però ha continuato le consultazioni giocando sempre al rialzo.
Diversi gli scenari che ora si aprono per il Paese dei cedri. Suleiman dovrebbe tenere nuove consultazioni per designare un nuovo primo ministro che rifletta l’esito delle elezioni del 7 giugno. È molto probabile un reincarico a Hariri, che vorrebbe raggiungere un’intesa sul nuovo governo prima della prevista partecipazione all’apertura dell’Assemblea generale dell’Onu, a fine mese. Ma è più probabile che si apra una nuova crisi politica perché difficilmente si troverà un’intesa. L’impasse sta ritardando le riforme economiche e riaccende i timori di nuove violenze.


Intanto ieri nel vertice italo-spagnolo alla Maddalena, l’Italia ha ventilato l’ipotesi di rinunciare a una propria candidatura per il rinnovo del comando della missione Unifil in Libano (in scadenza nel gennaio 2010), lasciando campo libero alla Spagna, a patto che Madrid aumenti la propria presenza militare nel Paese.

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