«Hillary e Obama, ora basta litigare»

da Washington

Se i repubblicani sono divisi dai programmi, i democratici sono in una guerra aperta fra persone che molti giudicano ancor più pericolosa dell’altra. Il testa a testa delle ultime primarie nel voto popolare (il totale quasi definitivo dà a Hillary Clinton il 50,2 e a Barack Obama il 49,8) e nei delegati per la Convenzione, le voci di una imminente manovra della Clinton per «scippare» la nomination hanno aggiunto altri veleni.
Se ne preoccupano in molti, a cominciare da Howard Dean, presidente del Partito democratico, che ha fatto una previsione e lanciato un appello: «Occorre evitare un duello che si protragga fino all’assemblea di fine agosto. Non potremmo permettercelo. Spero che un candidato emergerà entro marzo o aprile, altrimenti gli aspiranti dovranno trovare qualche sorta di accordo». Che può essere soltanto un’integrazione delle candidature, un ticket Clinton-Obama oppure Obama-Clinton. Difficile non solo per i contrasti personali e per la presenza di Bill Clinton, ma anche perché l’elettorato democratico è nettamente diviso: i neri per Obama e gli ispanici per Hillary, tra i bianchi gli anziani per Hillary e i giovani per Obama. Che tornano a contarsi fra oggi e domani in altri quattro Stati: Louisiana, Maine, Nebraska, Washington. Martedì prossimo Maryland e Virginia. Un ritmo che Hillary trova difficile sostenere perché ha speso troppo nella serie precedente e adesso ha le casse vuote. I delegati costano.
Quello che ha speso meglio finora è il repubblicano Huckabee: ogni delegato gli è costato 45mila dollari.

Seguono McCain 57mila, Clinton 89mila, Obama 119mila. All’estremo opposto Romney: 654mila dollari l’uno. Senza contare Rudy Giuliani che ha investito 60 milioni di dollari e si è trovato in mano un delegato solo. Il più costoso della storia.

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