Hillary non ce l’ha fatta l’effetto «D» non basta

Caro Granzotto, come molti suoi lettori lei non ha simpatia per Hillary Clinton e quindi penso che si sia rallegrato per la meschina figura fatta alle primarie nello Iowa. A prescindere dalle considerazioni di carattere politico, come spiega che a differenza dell'Inghilterra che ha avuto una Thatcher e una Germania che ha una Merkel, l'America sembra non volere una donna al posto di comando?

E chi lo dice, caro Natale? Ciò che è certo è che l'America - quanto meno i democratici dello Iowa - non vogliono quella donna. E per non correre il rischio di ritrovarsela candidata alla Casa Bianca, sfidando il gelo (ma questo dannato riscaldamento globale, quando comincerà a dar conto di sé?) e vincendo la risaputa indolenza dell'elettore americano, i cittadini del più bianco degli State sono andati a votare in massa per il candidato nero.
Dopo il cappotto subito da Ségolène Royal, tocca dunque alla Clinton prendere atto dell'insussistenza del sedicente «effetto donna» almanaccato dal giornalismo democratico. Secondo il quale la natura femminile comporta una sfilza di qualità, virtù, meriti, intelligenza e attitudini da far della donna, in ogni caso e a scatola chiusa, preferibile al migliore degli uomini. Ed essendo nell'ordine delle cose, nelle priorità della volontà storica il diritto-dovere della donna di occupare i posti di comando, ella vi accederà immancabilmente sull'onda del plebiscitario consenso dell'elettorato «sano» (negli Usa quello democratico) naturalmente indotto a preferire, per le ragioni sopra dette, la candidata al candidato.
Sono gli eccessi del femminismo al maschile, iperbolico e ciarlatano, molto praticato dalle nostre parti dove ci se ne fa un punto d'onore essere più realisti del re (e dunque anche più femministi delle femministe). Ma dove più che altrove l'appartenenza all'uno o all'altro sesso sembra non fare aggio sulle scelte politiche (l'unica eccezione, forse, è rappresentata da Ilona Staller, trionfalmente portata in Parlamento da elettori devoti al vecchio Onan che l'apprezzarono proprio e solo in quanto Cicciolina).
Per tornare a Hillary Clinton, non le mancano certamente le opportunità per risalire la china, ma dovrà metterci del suo e magari molto del suo Bill perché quella che riteneva essere una marcia in più, il «fattore donna», appunto, s'è ingrippata al primo colpo. Avranno da rammaricarsene i femministi, ma salvo (e per ovvie ragioni) Hillary, non le donne, già umiliate dai sostenitori delle quote rosa che inventariandole come inadeguate ritengono non possano fare a meno di una spintarella. Le amo troppo per dubitare che preferiscano essere apprezzate - fino a meritarsi la Casa Bianca come Margaret Thatcher si meritò il numero 10 di Downing Street - per i propri meriti.

E non per una gratuita faccenda di cromosomi.

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