Cultura e Spettacoli

«Ho ritrovato le mie radici sulle rive del Mississippi»

Antonio Lodetti

da Londra

Creedence Clearwater Revival, un marchio storico come quello della Texaco sulle strade del sogno americano. Quelli di Proud Mary, ma soprattutto quelli di John Fogerty, il proletario del rock amato dal pubblico e odiato dai radical beat dell’epoca. Il suo fu un grande atto di coraggio: tornare al rock basico, tre minuti secchi di canzoni che opponevano alle lunghe sbrodolate psichedeliche suoni legati al blues di Muddy Waters e Big Boy Crudup passando per Chuck Berry. Una mosca bianca tra gli hippie; alle tuniche colorate ha sostituito camicioni a quadri e stivali da cowboy, cantando l’America della gente e vendendo milioni di dischi con classici come Bad Moon Rising, Lodi, Who’ll Stop the Rain. La sua storia la conoscono tutti; dai fasti allo scioglimento dei Creedence nel ’72, dai problemi legali con la casa discografica ai dischi solisti che l’hanno riportato alla ribalta come «il fratello maggiore di Springsteen». Ora ha fatto i conti col passato e ha ripreso a suonare il repertorio dei Creedence che aveva rinnegato. Lo fa con lo splendido dvd The Long Road Home In Concert, in uscita oggi in Italia, e con una serie di concerti europei all’insegna del tutto esaurito.
Come mai dopo tanti anni di rigetto è tornato al repertorio dei Creedence?
«Un giorno ho deciso di andare in Mississippi alla ricerca delle radici del blues. Ho sempre amato Son House, Robert Johnson, Howlin’ Wolf, Muddy Waters ma non sono mai andato a respirare l’aria dove sono cresciuti. Ho visto i campi di cotone e la tomba di Robert Johnson. Vicino c’è una piccola chiesa dove ho avuto una folgorazione. Ho pensato che i suoi blues sono stati sfruttati in mille modi eppure non hanno mai perso la loro integrità. Così mi sono detto: “anche le mie canzoni hanno una storia e uno spirito che non può essere rovinato dall’industria”. Johnson mi ha insegnato che non importa quanto sia disgustoso chi maneggia le tue canzoni, tu ne sei il proprietario spirituale e hai il dovere di diffonderle. Così sono tornato ai Creedence».
Però senza gli altri.
«Loro hanno tradito il nostro spirito; hanno svenduto il marchio Creedence e la loro parte di diritti. Per questo non ho più voluto suonare con loro, neppure alla Rock’n’Roll Hall of Fame. Quella sera ho suonato con Springsteen e non coi miei vecchi compagni, e i media mi hanno fatto passare per un ingrato, ma io avevo le mie ragioni».
Sente la differenza tra i Creedence e la sua nuova band?
«I Creedence erano una famiglia, c’era l’entusiasmo e la magia di quattro ragazzi cresciuti insieme con la voglia di sfondare. Oggi lavoro con grandi professionisti che rendono attuale la mia musica».
Non ha nostalgia di quei tempi?
«Nostalgia si, ma non sono triste o depresso quando penso al passato. Per me Hot Rod Heart non è inferiore a Bad Moon Rising e I Saw It On Tv è il seguito di Who’ll Stop the Rain. Seguo un filo logico nel tempo».
Considera Proud Mary il suo capolavoro?
«È una grande canzone ma è diventata un mito anche grazie ad artisti come Tina Turner. Forse quella cui sono più affezionato è Lodi, che è l’inno delle mille band sconosciute che si ammazzano in bar malfamati per qualche dollaro e un po’ di birra».
Springsteen dal vivo canta spesso le sue canzoni.
«Io e lui vediamo le cose dallo stesso punto di vista. Sono felice che oggi abbia registrato i brani di Pete Seeger. Io nel ’73 feci lo stesso percorso. Incisi Blue Ridge Rangers, classici del country in cui suonavo da solo tutti gli strumenti».
Com’è questa tournée?
«Spero un bel regalo per i fan e una sorpresa per il pubblico giovane. Finalmente, dopo 35 anni posso raccontare tutta la mia carriera. I concerti e il dvd rappresentano la mia anima vissuta a ritmo di rock».
Cos’è il rock?
«La musica più libera che sia mai esistita. Io passo per un personaggio scontroso perché amo la musica, mentre il music business non ha rispetto per il rock e per gli artisti.

Non voglio tornare su vecchie polemiche, ma ai Creedence hanno rubato milioni di dollari».

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