RomaAi campioni del mondo, in Brasile, ci sono abituati. Ma nel nuoto hanno dovuto aspettare 27 anni prima di rivedere un atleta verdeoro sul podio più alto. Era il 1982, l'anno del Mundial di Paolo Rossi, l'uomo che fece piangere il Brasile, quando a Guayaquil Ricardo Prado vinse l'oro nei 400 misti. All'epoca Cesar Cielo Filho non era ancora nato. Ora ride e piange come un bambino. Un bambino che nel giro di 48 ore è diventato l'uomo-jet della vasca, lui che a 16 anni ancora nuotava solo la rana: 100 stile libero vinti con il primato del mondo (sotto i 47, soglia già violata dal francese Bernard senza omologazione), 50 dominati sin dalla partenza.
«Questo Mondiale resterà tra i momenti più belli della mia carriera, ho vissuto emozioni fortissime», dice Cielo che ai nuotatori italiani invidia solo una cosa: «Quella pubblicità in costume per Dolce e Gabbana», rivela il brasiliano, 22 anni, fisico possente (1,95 per 80 chili di peso forma), nello sport da quando aveva 7 anni: prima il judo, poi la pallavolo («la mia preferita, qualche volta ancora ci gioco»), il calcio («tifo per Kakà, un talento puro») e infine il nuoto. «Ma sono un po' pigro, amo dormire e la mia vita è molto noiosa, non ho passatempi particolari, mi piace guardare film, stare su Internet, i videogiochi e leggere libri su personaggi storici. L'ultimo? Uno su Michael Jordan».
L'Italia già la conosceva, essendosi allenato da noi nel 2007. E il pubblico di Roma lo ha subito adottato. Da brividi gli applausi dei tifosi nello stadio del nuoto che scandivano le note dell'inno brasiliano. «Grazie Italia - dice Cielo, che nello stand dell'Arena si concede a foto e domande -. Dopo la vittoria nei 100 avevo dormito pochissimo, ero molto eccitato. Pensavo continuamente che avrei dovuto toccare quel muro il più velocemente possibile. Ci pensavo e ci ripensavo anche sui blocchi. Non me ne accorgo nemmeno, ma prima della gara di solito faccio delle strane facce, sembro quasi pazzo. Poi in acqua scarico tutta l'adrenalina. Non mi pare vero di aver vinto 50 e 100 stile libero, è un momento straordinario». E sembra un segno del destino che l'apice l'abbia raggiunto proprio in Italia, lo stesso Paese in cui c'è un pezzo della sua famiglia (il suo bisnonno era veneto). «Ce l'ho fatta», le uniche parole in italiano pronunciate dopo la prima impresa. «In realtà so dire anche medaglia d'oro e i nomi di alcuni colori», sottolinea tra gli amici dell'Arena. Al quale ha chiesto un costume blu in onore del suo Brasile. Che il ragazzone di Santa Barbara d'Oeste frequenta ormai poco, visto che è emigrato negli States per studiare business all'università di Auburn.
La rassegna romana verrà ricordata come quella dei record e l'ultima con i costumi hi-tech. «Se ne è parlato anche troppo, con o senza costumi il migliore è sempre il migliore», liquida l'argomento il brasiliano. Che elogia Biedermann («ha lasciato il segno») e Phelps («è sempre il più forte del mondo»), ha festeggiato i due ori ieri sera con tutta la squadra brasiliana («25 grandi compagni»), ma non sa ancora dove andare in vacanza.
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